Ciao a tutti!
Anche io, a parte qualche sporadica occasione, scrivo poco sul forum (ma cerco di leggere attentamente tutti i post). Ma oggi vorrei, se possibile, esprimere una mia modesta opinione su un argomento di cui ultimamente si parla molto.
Per motivi che non sto qui ad elencare, anche io ho subìto una notevole interruzione (cica 10 anni) nell’uso dello strumento e mi sono trovato con delle grosse mancanze che mi hanno costretto ad andare alla ricerca di un insegnante per recuperare, se possibile, le perdite accumulate in tanti anni di fermo.
Premetto che, a suo tempo, mi consideravo un trombettista decente e le mie esperienze me le sono fatte tutte: nel corso degli anni ’80 e ’90 ho fatto spettacoli dal vivo, concerti in teatri, locali da ballo, orchestra sulle navi da crociera, partecipazioni televisive, incisioni discografiche, ecc.
Non ho mai avuto il dono dell’improvvisazione, ma avevo una discreta interpretazione e una sufficiente estensione (Mi basso – Re acuto, quasi tre ottave) che andavano più che bene per il mio lavoro.
Tutto questo fino al 2006, quando dovetti interrompere l’attività musicale per problemi più gravi.
Dopo 10 anni, nel 2016 mi chiamò un vecchio amico cantante per chiedermi collaborazione e da allora ho ricominciato a suonare (o meglio, ho concretizzato l’intenzione), ma mi sono subito reso conto di aver perso quasi totalmente tutto ciò che avevo costruito da ragazzo (ho iniziato a suonare la tromba all’età di 14 anni) fino a quando, a 48 anni, ho dovuto smettere di suonare: estensione, fiato, intonazione.
Allora sono andato alla ricerca di un insegnante (giovane, perché avevo bisogno di essere aggiornato sulle tecniche di studio) e con lui ho avuto le prime sorprese: tutto quello che avevo imparato, apparteneva ad una scuola ormai vecchia e fuori esercizio. Niente più Gatti, Kopprasch e Harry James (libri che avevo amato e su cui avevo studiato), ma Clarke, Chicowitz e Flexus. Fatica enorme per modificare le vecchie impostazioni e ore di studio per apprendere le nuove tecniche.
Dopo un primo anno di blood, sweat and tears, ho maturato una riflessione: alla mia veneranda età (quasi 62 anni), ha ancora senso spendere tempo e fatica per perseguire qualcosa che (a meno di qualche miracolo) non riuscirò mai a recuperare?...
… e da qui il senso di questo lunghissimo post: per quella che è la mia opinione, allo stato attuale delle cose, studio, abnegazione e sacrificio li potevo capire quando ero ragazzo e avevo il sacro fuoco della passione.
Ora mi sento felice e soddisfatto di poter suonare al meglio delle mie possibilità: studio quel tanto che mi basta e non vado cercando risonanze degli armonici, posizioni della lingua, porzioni del labbro superiore/inferiore, tecniche di respirazione particolari… e, soprattutto, non ho l’ansia da oscillatore: se l’intonazione non è perfetta, regolo la pompa per avere un “La” in accordo col mio vecchio diapason in acciaio e vado avanti tranquillo.
Negli ultimi anni ho capito che vorrei trascorrere il tempo che mi resta divertendomi, invece di utilizzarlo alla ricerca di chissà quale dettaglio che mi faccia guadagnare un semitono di estensione, piuttosto che un armonico in più o un “colore” del suono particolare… Ho la consapevolezza di amare quello che Maynard (che ho avuto il piacere di conoscere personalmente nel giugno 2000) definiva “lo strumento di Dio” e ho maturato la decisione di volermi semplicemente divertire con esso finché il mio fisico lo permetterà.
Con questo non voglio dire che chi studia con amore e passione sbaglia, ma semplicemente che con gli anni (e l'età) ho maturato un altro punto di vista.
Ovviamente, vale solo per me e per chi credo ama divertirsi senza penare troppo.
Un caro saluto a tutti e scusate la logorrea, ma - visto che scrivo poco - ogni tanto cerco di recuperare (!)…
Mauro