Uno dei musicisti che dal vivo mi ha dato maggiormente questa impressione di gestire la “tensione” del solo è il pianista Michel Camilo. Certo, pure lui è uno straordinario virtuoso, ma ha anche quella musicalità che realmente distingue i grandi musicisti dalla massa. Fa un grande lavoro per dare una “storia” ai suoi soli, ed era incredibile come la tensione crescente si potesse sentire fisicamente nella sala, finché il pubblico al momento del climax non poteva che esplodere in una fragorosa ovazione a scena aperta. Se questa immagine a qualcuno evoca qualcosa di sessuale non è un caso: per me quella tra musicisti e pubblico è una dinamica che spesso evoca quella sessuale, un reciproco darsi piacere che quando riesce molto bene porta all’estasi.
Non penso sia neanche un caso che sia tu che io abbiamo pescato esempi di Latin jazz: è un genere che ha mantenuto un maggiore contatto con la musica popolare e con il modo che i musicisti hanno di interagire col pubblico nella musica popolare, mentre invece nel jazz ad un certo punto ha prevalso un concetto più “intimista” ed intellettuale, che di per sé non è necessariamente meno interessante, ma purtroppo spesso viene usato a sproposito, risolvendosi di fatto in cattiva comunicazione col pubblico.
Un’altra caratteristica del Latin jazz è di avere una maggiore propensione a lavorare con dinamiche molto ampie, con suoni più vari, con una tavolozza di colori molto ampia.
Non dico che si debba cercare l’applauso a tutti i costi, ma al pubblico bisogna cercare di raccontare qualcosa, e questi musicisti lo fanno alla grande.