Ieri ho sacrificato tre ore abbondanti di sonno, e mi sono visto tutto lo streaming della conferenza-concerto di Marsalis col suo quintetto all'Università di Harvard. Il tema era “At the Speed of Instinct: Choosing Together to Play and Stay Together.” (Alla velocità dell'istinto: scegliere insieme per suonare e stare insieme). Con Wynton c'erano Marcus Roberts al piano, Carlos Henriquez al basso, Ali Jackson alla batteria e Walter Blanding al tenore.
E' stata una delle cose più belle che ho visto recentemente, un vero distillato di saggezza musicale e non, e di buon senso. La prima parte è stata dedicata alla trattazione di quello che è il concetto dell'improvvisazione nell'ambito dell'identità più vera della musica jazz. In gran parte sono i concetti che ha esposto anche nel suo libro " come il jazz può cambiarti la vita", con particolare riferimento alla necessità di trovare un equilibrio tra espressione personale ed insieme. Ma Marsalis ha anche insistito molto su quella che è l'anima della musica jazz. Ha detto chiaramente che gli elementi caratteristici del jazz sono tre: il tempo, l'improvvisazione e lo swing. Tempo inteso come il modo in cui i musicisti si "sincronizzano" nel modo in cui suonare sul tempo; l'improvvisazione non ha bisogno di spiegazioni; lo swing definito come il coesistere di ritmi in 3 ed in 2, tipico della musica afroamericana. Ma se i primi due elementi sono presenti anche in tantissime altre forme musicali, e si possono definire universali, lo swing è l'unico che è caratteristico solo del jazz, e ne costituisce l'anima più vera. Di conseguenza una musica senza swing non può essere definita jazz. E su questo, checché ne dicano molti soprattutto qui in Europa, credo che ci sia poco fondamento per obiettare...
Wynton ha anche rifilato una stoccata ad un certo tipo di critica, soprattutto europea, ma non solo, che invece porta avanti questa idea "universalista" del jazz, che sarebbe musica caratterizzata prevalentemente dall'aspetto improvvisativo. Ha detto: "come può gente che suona musica senza swing arrogarsi il diritto di definire il jazz? Vi immaginate che succederebbe se io andassi dai musicisti di samba con la pretesa di spiegargli che cos'è il samba? Potrei essere credibile? Perché allora così tanta gente si sente legittimata a dire a noi afroamericani che cos'è il jazz? E perché questa ostinazione nel voler privare il jazz delle sue caratteristiche più genuine (in inglese lui ha detto "negro, afroamerican characteristics")?". Beh, penso che abbia sacrosanta ragione, perché sentire presunti esperti europei avere la presunzione di andare a spiegare cosa è il jazz ad un musicista nero nato e cresciuto in una famiglia di musicisti di New Orleans rasenta il ridicolo, e succede in continuazione.
Wynton ha anche sottolineato come ci possa benissimo essere innovazione anche nella ripetizione di ciò che è già stato. Lui ha parlato di "storie". Ha detto che non è necessario stravolgere la forma del jazz fino al punto da togliergli le sue caratteristiche identitarie per fare del jazz innovativo e contemporaneo. "L'importanza di ri-dire quello che è già stato detto, ma che merita di essere detto ancora". E' l'interpretazione che ogni volta rende personale la storia che viene ripetuta. Tanto per dimostrare il concetto hanno suonato un paio di pezzi in stile "contemporaneo", di vero free, ma riuscendo sempre a mantenere lo swing... A dimostrazione del fatto di essere musicisti completi, capaci di guardare avanti senza dimenticare la tradizione, né considerarla roba da museo.
Nella seconda parte invece sono entrati nello specifico. Hanno suonato quattro pezzi in quattro stili diversi (uno swing veloce, un blues, un latin ed una ballad), e dopo ogni pezzo ogni musicista spiegava cosa aveva fatto e perché, in relazione a quello che avevano fatto gli altri. Da qui si capiva come i musicisti interagivano attimo per attimo, come la musica potesse scaturire tanto da una vera e propria intesa, quanto addirittura da veri e propri malintesi (tipo ad un certo punto spiegando perché avessero fatto una certa cosa Roberts e Blanding si sono detti a vicenda: "è che non capivo cosa stessi facendo e cercavo di venirti dietro!"). Molto interessante la parte sul latin, con la spiegazione dei vari elementi della ritmica, la clave, le congas e via dicendo, e di come per esempio la clave spesso non sia suonata da nessuno strumento, ma sia "sottintesa" dai musicisti.
Una cosa che mi ha molto colpito di questa seconda parte è stato il fatto che la stragrande maggioranza delle cose avveniva sulla base di spunti ritmici, il che ci riporta ancora una volta al fatto che la vera anima del jazz non sta tanto nella melodia o nell'armonia, ma nel modo così particolare ed unico di concepire il ritmo.
Purtroppo mi sembra che il video non sia più disponibile online dopo lo streaming, ma se vi dovesse capitare di trovarlo vi consiglio di non perderlo, è davvero materiale didattico di altissima qualità.