Parto con un piccolo aneddoto: anche se conoscevo già il brano allora, mi sono innamorato di questo pezzo sentendolo suonare dal nostro Valter Valerio alla masterclass con Charles Schlueter. Fece un’interpretazione bellissima che si merito anche i complimenti di Schlueter. Ci tenevo a dirlo, perché mi emozionò.
Le quattro versioni di cui si parla sono tutte bellissime, quella di Lee Morgan ovviamente è da considerarsi il riferimento “base”, per ovvie ragioni, ma tutte e tre le altre a mio parere, pur essendo giustamente interpretate secondo il gusto di chi suona, sono profondamente rispettose del mood del brano originale e di quello che significa. A volte ci si dimentica che gli standard nascono con un’idea, spesso anche con un testo, che va rispettata. Se l’originale è una canzone di sofferenza per amore, per esempio, questo a mio parere si deve sentire.
Detto questo per il mio gusto anche io tendo a preferire la versione di Lee Morgan e quella di Freddie Hubbard. Di quella di Sandoval, però prenderei il modo in cui estremizza la gamma dinamica, che secondo me calza a pennello sul mood del brano.
Concordo che quella di Chet è un altro pianeta, personale ed intima nel modo in cui solo lui sapeva essere, e per questo davvero inimitabile, ma per questo brano preferisco interpretazioni più “drammatiche”.