D'accordo sulla grande ovvietà... un po meno sulla questione dei conservatori e dell'insegnamento del jazz. C'è un grande problema di fondo, e lo si può notare in tutte le discussioni riguardanti l'analisi armonica dei brani e degli assoli di grandi professionisti, quando si cerca di spiegare a posteriori il genio di un musicista. La conoscenza è fondamentale, ma non è solamente frutto di regole applicate, altrimenti non si spiegherebbe come mai nel periodo d'oro del jazz molti suonavano divinamente senza avere avuto un'educazione musicale anche solo superficiale. La musica è suono, poi si è trovato il modo di concettualizzarla in regole di scrittura e armoniche. Come per le lingue. Io parlavo in italiano correttamente già prima di andare a scuola, e le regole della grammatica non le conoscevo e non le conosco tuttora. Andare a scuola mi è servito più che altro per stare in mezzo alla gente e usare sempre più parole nuove, raramente insegnate da un maestro o una maestra. Stare in mezzo ad altre persone e condividere... a questo può servire una scuola, ma spesso il conservatorio è vissuto come un luogo in cui fare lezione per poi andare a casa a studiare. Non è così che si impara, e non parlo solo del jazz. La scuola è un posto dove ti insegnano che una cosa è giusta e un'altra invece è sbagliata. I pecoroni che imparano così non potranno mai godere della libertà di creare un pensiero nuovo. La comunità... un gruppo tra pari... è un posto dove si impara attraverso gli errori, l'imitazione (anche sbagliata) del gesto, senza giudizi di giusto o sbagliato durante la strada, senza voti alla fine dell'anno. Vorrei andare avanti ma poi finisce che divento pesante.
Buone feste a tutti