Io invece penso che il passaggio di cui parla questo articolo diventi realmente efficace solo nel momento in cui comincia a funzionare quello di cui parla l'altro articolo, e cioè l'interiorizzazione a livello di "orecchio" dell'effetto sonoro di ogni singola nota su ogni singolo accordo, per cui smetti di ragionare in termini di nomi delle note, qualunque essi siano, e cominci a pensare solo suoni ed insiemi di suoni. Poi, ovviamente, bisogna che la tecnica strumentale ti porti a produrre i suoni che hai in mente ed a farlo nella maniera migliore possibile. Insomma, secondo me il vero salto di qualità si ha quando passi dal concetto di "significato" ed "importanza" delle note, di cui parla questo articolo, a quello di "effetto", di diverso risultato sonoro, che è quello di cui parla il primo articolo postato da Alessandro. Ovviamente i due passaggi sono necessari e consequenziali: prima si deve imparare a livello razionale quali sono le note "giuste" e quelle "sbagliate", e tra quelle "giuste" quali funzionano meglio in un determinato contesto armonico, poi tutto questo, come spesso si suol dire, deve essere "dimenticato", e deve subentrare la sensibilità musicale. E secondo me è in questa seconda fase che davvero si comincia a suonare.