In una recente discussione con Tony, si parlava (veramente era lui che lo diceva) della paura di sbagliare durante la lezione. Paura che necessariamente, apportando delle tensioni, anche fisiche, diventa la causa principale dell'errore. Si faceva la distinzione (veramente era lui che la faceva) tra un sentimento di soggezione nei confronti del maestro che induce inibizione e timore, limitando quindi la possibilità espressiva ed invece un atteggiamento quasi agonistico, cioè come un atleta che si è preparato per una intera settimana e poi cerca di dare il massimo di sè stesso in quell'ora che acquista, di fatto, la caratteristica di un'esibizione.
Ambedue gli atteggiamenti sono controproducenti. Gli psicologi non esiterebbero nel definire il primo atteggiamento come lo spostamento delle istanze superegoiche sul maestro. Potrebbe essere il risultato dell’esperienza di un padre troppo autoritario oppure ritenuto irraggiungibile (idealizzato). Il vissuto nei confronti del maestro si carica di sentimenti di soggezione e di giudizio. Lo studente cerca di adeguarsi alle consegne del maestro, ma non può “affidarsi” nella relazione e quindi non può ricavarne il massimo. Per quanto riguarda il secondo atteggiamento, gli psicologi lo metterebbero sicuramente in relazione con “l’io ideale”. Esiste una prima fase dello sviluppo del bambino caratterizzato da un narcisismo totale, cioè egli crede di essere il centro del mondo, anzi, il mondo neanche esiste. Egli è al centro e tutto il mondo che lo circonda, compreso il seno, le figure parentali accudenti, viene vissuto come una specie di emanazione di sé stesso. Ben presto, a causa della frustrazione (fame, mancanza del seno, disagi vari) il bambino capisce che non è bastevole a sé stesso, che c’è un “me” ed un “fuori”. Che esistono delle figure che possono soddisfare i suoi bisogni, ma a volte questo può non succedere oppure essere soggetto a ritardi. La perdita di questo senso di onnipotenza dà origine alla nascita dell’io ideale che viene proiettato sulle figure genitoriali. Questi vengono vissuti come depositari di cure ed attenzioni nei suoi confronti, in una parola dell’affetto, che consente al bambino di potersi affidare nella relazione. In una fase successiva dello sviluppo il bambino interiorizza l’io ideale, riappropriandosene. E’ un momento importante perché l’io ideale avrà un forte peso sulle scelte future, sui comportamenti e sulle potenzialità relazionali. In che modo questa lunga digressione può avere a che fare con l’argomento in oggetto? A volte l’io ideale può indurci ad essere particolarmente esigenti verso noi stessi, per questo la lezione può caricarsi di una tensione eccessiva che è originata dal bisogno di offrire una prestazione migliore possibile nel tentativo di inseguire un ideale di trombettista che ci siamo prefissati.
Perdonate. Questa sera ho mangiato una bella porzione di melanzane alla parmigiana innaffiata da un buon vino. Il risultato è che non riesco a dormire e quindi, probabilmente, ho scritto quanto sopra per far venire sonno in primo luogo a me stesso. Però potrebbe essere un bell’oggetto di discussione. Qual’ è l’atteggiamento giusto che si dovrebbe avere a lezione? Lo posto prima che me ne pento.