Author Topic: Visualizzazione e realtà nello studio  (Read 3656 times)

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Offline Norman

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Visualizzazione e realtà nello studio
« on: July 01, 2015, 12:26:09 PM »
Da qualche tempo mi capita di riflettere su quanto, curiosamente, diverse immagini mentali utilizzate con successo dagli insegnanti per portare gli allievi a suonare correttamente siano diametralmente opposte a quello che accade in realtà a livello fisico, il che mi ha fatto fare tutta una serie di considerazioni su come noi studenti ci dobbiamo relazionare con entrambe le cose.

Il primo esempio è quello sulla direzione dell'aria: è ormai acquisito il fatto che il flusso d'aria all'interno del bocchino cambia direzione secondo il registro in cui si sta suonando, e che l'aria non è comunque quasi mai indirizzata direttamente nel foro. Per quella che è la mia personale esperienza, cercare di rendere cosciente questo aspetto crea più complicazioni che vantaggi. Al contrario visualizzare l'aria come un flusso diritto sempre nella stessa direzione (che è un'immagine assolutamente lontana da quello che realmente accade nel corpo e nello strumento) è per me fondamentale per suonare con la corretta emissione e centrando le note nel punto di massima risonanza, senza "andarle a cercare" come viene spontaneo fare soprattutto all'inizio.

Il secondo esempio riguarda l'apertura delle labbra. E' un altro fatto assodato che l'apertura si restringe man mano che si sale nel registro, ma anche in questo caso cercare di pensare a questo mentre si suona è facile che abbia effetti assolutamente controproducenti, perché a mio parere genera tensioni che sono particolarmente dannose quando ci si muove in un registro che presenta maggiori difficoltà e minori margini di errore. Al contrario mi sta giovando immaginare un'apertura più grande man mano che salgo!

Quindi la domanda che mi sono posto è: ma allo studente serve davvero conoscere nel dettaglio i meccanismi che si azionano quando si suona la tromba? La risposta che mi sono dato è: si e no. Si, perché comunque è giusto capire quello che succede e perché, anche solo per una questione culturale. No nel senso che non bisogna, sempre a mio modesto parere, incorrere nell'errore di pensare di poter controllare coscientemente tutti questi meccanismi, ed anzi per come funziona la tromba a queste cose meno ci si pensa, meglio è. Chi deve invece tenere ben presenti queste nozioni è l'insegnante, perché questo è fondamentale per capire come intervenire laddove ci sono problemi. Ma ancora, non è assolutamente detto che per intervenire sui problemi l'insegnante debba agire direttamente su quel meccanismo. Al contrario in molti casi è possibile che il modo migliore per intervenire sia in maniera mediata, utilizzando proprio quelle immagini di cui sopra, agendo su un meccanismo per influenzarne un altro.

Ed ancora una volta ne viene fuori l'enorme importanza dell'avere un insegnante competente e che sappia sempre molto bene quello che fa.
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Offline Cesco

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Re:Visualizzazione e realtà nello studio
« Reply #1 on: July 01, 2015, 12:53:13 PM »
Bel post.

E' da un po' che volevo porre l'attenzione sulle "visualizzazioni", che portano lo strumentista a "fare" la cosa giusta immaginando un qualcosa che magari non c'entra nulla con quello che sta facendo il tuo corpo ma che, involontariamente, ti fa raggiungere il risultato.

Me ne vengono in mente alcune, che ho raccolto negli anni, anche se non so se possono essere considerate valide per tutti (con me hanno funzionato).

Ad esempio:
1) soffiare come se dovessi spegnere una candela a mezzo metro da te;
2) non pensare all'altezza della nota (verticalmente), bensì alla lontananza dalla nota (orizzontalmente);
3) suona una nota come colpisci una palla con la racchetta da tennis: non basta dare il colpo, bisogna accompagnare la palla con le corde per far andare la palla dall'altra parte della rete con la giusta intensità (concetto di supporto della colonna);
4) quando suoni pensa che l'aria fuoriesca dall'ombellico;
5) non pensare alle labbra quando suoni, pensa all'aria.

Eccetera...
Norman, tu che hai un maestro di tutto rispetto, ne hai qualcuna da suggerire o che ti è stata suggerito?  :)
« Last Edit: July 01, 2015, 01:06:46 PM by Cesco »

Offline Norman

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Re:Visualizzazione e realtà nello studio
« Reply #2 on: July 01, 2015, 02:06:08 PM »
Ciao Cesco, di quelle che citi l'unica che non ho mai sentito è quella dell'ombelico, che però mi torna, perché tempo fa, quando mi sono reso conto di avere un riflesso di contrazione degli addominali quando salivo, mi aiutava concentrarmi sul tenere l'ombelico "in fuori". Quindi ancora una volta penso che siamo di fronte ad un'immagine funzionale a "combattere" un vizio piuttosto diffuso, quello di dare la "spinta" di pancia per salire.

Il mio maestro in effetti lavora molto sulle immagini, entra nello specifico dei meccanismi solo se risulta essere assolutamente indispensabile, e comunque ama molto "guidare" l'allievo verso la strada giusta usando, in ordine di importanza, tre metodi: l'esempio musicale, l'immagine mentale, e solo come extrema ratio l'analisi cosciente di un meccanismo.

Per quanto riguarda l'aria, per esempio, a me è stato molto utile quando mi disse di immaginarla come un flusso rettilineo, che parte da dietro la testa, attraversa la bocca e le labbra, ed entra diritto nello strumento per uscire, sempre diritto, dalla campana.

Quello che tu descrivi con l'esempio della pallina da tennis lui me lo ha descritto con la palla da basket, in maniera molto simile.

Quella della candela l'ho sentita da Fabiano Maniero, e penso sia un grande classico.

Per non parlare dello staccato... Non ho MAI sentito Giuffredi dire ad un allievo come usare la lingua per fare lo staccato, se non pronunciando le famose sillabe. Quando qualcuno glie lo chiede, di solito risponde con frasi che evocano l'autoerotismo maschile...  sbellicars

In ogni caso la logica è quella di portare l'allievo a fare le cose nella maniera giusta, e quando questo accade l'allievo deve "fissare" la sensazione acustica e fisica, per cercare, con l'esercizio, di imparare a replicarla a piacimento. Tutte le volte che un meccanismo ha cominciato a funzionare, per me è stata una sorta di epifania, la sensazione è sempre stata chiara, e tutte le volte mi sono reso conto che neanche mille parole avrebbero potuto descrivere la complessità di quelle sensazioni. E' per questo motivo che le immagini mentali sono uno strumento fondamentale tanto quanto l'effettiva conoscenza della realtà fisica.

E' importantissimo, però, distinguere tra quello che è immagine mentale e quello che non lo è! Altrimenti si rischia di ingenerare confusione.
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Offline Belfagor

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Re:Visualizzazione e realtà nello studio
« Reply #3 on: July 02, 2015, 11:58:55 AM »
La visualizzazione della fuoriscita di aria dall ombelico la usa chi fa Zen o Yoga pollices
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Offline Myskin

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Re:Visualizzazione e realtà nello studio
« Reply #4 on: July 02, 2015, 10:06:51 PM »
La visualizzazione della fuoriscita di aria dall ombelico la usa chi fa Zen o Yoga


Ahhhhh era dall'ombelico!!!!! Ecco perché ogni volta che finiamo la lezione il maestro va ad aprire le finestre per arieggiare  fenomen
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Offline cgiu

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Re:Visualizzazione e realtà nello studio
« Reply #5 on: July 03, 2015, 03:02:37 PM »
Aggiungo, se possibile, un'altra immagine suggerita dal mio maestro e che devo dire mi è stata spesso molto utile:
immagina soffiando di dover tenere attaccato al muro un foglio di carta, più ti allontani e più la colonna d'aria dovrà uscire con una velocità e un'intensità maggiore, ma il flusso non si deve interrompere né le labbra devono chiudersi

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Offline Gio77

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Re:Visualizzazione e realtà nello studio
« Reply #6 on: July 03, 2015, 03:50:45 PM »
Io ne aggiungo una di visualizzazioni, che mi è stata detta tempo fa per spiegare come sostenere in qualsiasi registro:
Pensa allo sci nautico. Il motoscafo siamo noi e il nostro diaframma, la corda è il flusso d'aria e lo sciatore il suono/la nota, se il motoscafo/diaframma non spinge abbastanza la fune/collonna d'aria si affloscia e gli sci dello sciatore/suono finiscono sotto acqua, al contrario se la fune/colonna d'aria sono costanti e senza strappi il suono/sciatore scivolerà sul pelo dell'acqua.
Non so se mi son spiegato, è una visualizzazione per far capire come sostenere costante il flusso e le dinamiche, ad esempio se fai dei salti molto ampi di nota e farlo in maniera naturale e senza sentire che la colonna d'aria s' interrompe.
A me è servito.
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Offline toro

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Re:Visualizzazione e realtà nello studio
« Reply #7 on: July 03, 2015, 04:55:53 PM »
Quote
Cesco ha scritto:....Ad esempio:
1) soffiare come se dovessi spegnere una candela a mezzo metro da te;
2) non pensare all'altezza della nota (verticalmente), bensì alla lontananza dalla nota (orizzontalmente);
3) suona una nota come colpisci una palla con la racchetta da tennis: non basta dare il colpo, bisogna accompagnare la palla con le corde per far andare la palla dall'altra parte della rete con la giusta intensità (concetto di supporto della colonna);
4) quando suoni pensa che l'aria fuoriesca dall'ombellico;
5) non pensare alle labbra quando suoni, pensa all'aria.

oggi oltre a provare un bocchino nuovo,ho voluto sperimentare questi consigli che hai esposto:mi riesce molto difficile legare queste visualizzazioni con il suonare la tromba,e sicuramente per mia incapacita'.Cerco di spiegarmi  meglio se ce la faccio;e' come se si staccasse un filo,insomma non riesco a pensare a due cose contemporaneamente mentre suono.....io nella tromba ci ho sempre solo "cantato"dentro,senza mai,e probabilmente a torto,chiesto di piu'.Esiste un atteggiamento adeguato per mettere in pratica questi tuoi consigli?Tieni presente che il mio cervello non e' piu' la spugna di 50 anni fa,ha i suoi tempi! ;)
mi piacerebbe, conoscere anche il pensiero di Norman.
grazie
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Offline Norman

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Re:Visualizzazione e realtà nello studio
« Reply #8 on: July 03, 2015, 05:53:14 PM »
No, attenzione, neanche io quando suono penso a tutta sta roba! Queste sono immagini mentali che vengono utilizzate solamente per lavorare su specifici aspetti, fondamentalmente di tecnica di base. Le usi per cercare di trovare (o ritrovare) l'assetto corretto e per "fissarlo" come automatismo del corpo. Una volta compreso il senso dell'immagine, l'immagine non serve più, a mio parere.
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Offline Cesco

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Re:Visualizzazione e realtà nello studio
« Reply #9 on: July 03, 2015, 05:55:22 PM »
Ha detto tutto Norman :)

Offline toro

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Re:Visualizzazione e realtà nello studio
« Reply #10 on: July 03, 2015, 08:02:33 PM »
Grazie ad entrambi salut
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Offline fac

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Re:Visualizzazione e realtà nello studio
« Reply #11 on: July 04, 2015, 11:40:17 AM »
Sono d'accordo con Norman, le immagini sono utili anche se spesso non rispecchiano la realtà di quello che accade quando si suona, secondo la mia modestissima opinione anche le cosiddette "macchinette" per la respirazione possono essere utili, anche se spesso sono bistrattate! Spesso viene detto che non servono perchè poi si suona diversamente, secondo me è vero ma lo scopo non è quello di ricreare esattamente la stessa emissione di quando si suona, ma semplicemente abbinare qualcosa di visibile ad una sensazione per poi creare un automatismo, ad esempio il breath builder per non avere blocchi tra inspirazione ed espirazione, la sacca per capire la sensazione associata ad aver incamerato effettivamente sei litri di aria, ecc... Poi magari c'è chi è in grado di farlo naturalmente e allora non li usa, però io respiravo quanto un gatto morto in autostrada e ne ho tratto giovamente! Ovviamente my 2 cents  :D

Offline nuvola

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Re:Visualizzazione e realtà nello studio
« Reply #12 on: July 04, 2015, 03:26:35 PM »
Le rappresentazioni mentali possono aiutare se non le pensiamo secondo un principio di universalità. In altre parole esse devono essere adattate o di volta in volta inventate, a seconda di quello che si vuole far capire all'allievo, ma anche in relazione al tipo di approccio e metodo utilizzato dal maestro. Per esempio: soffiare come se volessimo spegnere una candela posta ad un metro da noi, oppure come se volessimo sostenere un foglio attaccato al muro, sono concetti che farebbero orripilare tutti gli A.R. che conosciamo. Queste rappresentazioni mentali sortiscono l'effetto di produrre un modo di soffiare "attivo", uno spingere che  è all'opposto del concetto di: incamerare più aria possibile, comprimerla e lasciarla uscire in maniera naturale.
Un aneddoto personale: qualche secolo fa decisi che non mi bastava più accompagnare le canzoni di Guccini alla chitarra e mi cercai un maestro. Visto che abitavo a Firenze, mi toccò un allievo del famoso Alvaro Company, teorico della biodinamica musicale (di ispirazione steineriana?): Questi usava moltissimo le rappresentazioni mentali. Dovevo immaginarmi che dalla sommità del mio cranio partiva un filo che era collegato ad un anello attaccato al soffitto, al quale era attaccato un peso. Un altro filo, con relativo pesetto era attaccato alla mia mano destra. E non mi ricordo più quanti altro fili e pesetti vari orientavano il mio corpo verso una corretta postura. Alla fine mi sentii imbrigliato in una rete che mi procurava un blocco marmoreo ed indissolubile. Ed il bello è che non facevamo altro: dovevo rimanere nell'esatta postura e picchiare il MI basso con un solo dito. Dopo un mesetto di sta' storia, a mo' di battuta gli dissi:" di questo passo ci metteremo sei mesi per fare una scala di DO". Ci pensò su un attimo e poi mi rispose:"Forse si". Quella fu l'ultima lezione.
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Offline cgiu

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Re:Visualizzazione e realtà nello studio
« Reply #13 on: July 04, 2015, 04:58:36 PM »
Dovevo immaginarmi che dalla sommità del mio cranio partiva un filo che era collegato ad un anello attaccato al soffitto, al quale era attaccato un peso. Un altro filo, con relativo pesetto era attaccato alla mia mano destra. E non mi ricordo più quanti altro fili e pesetti vari orientavano il mio corpo verso una corretta postura. Alla fine mi sentii imbrigliato in una rete che mi procurava un blocco marmoreo ed indissolubile. Ed il bello è che non facevamo altro: dovevo rimanere nell'esatta postura e picchiare il MI basso con un solo dito. Dopo un mesetto di sta' storia, a mo' di battuta gli dissi:" di questo passo ci metteremo sei mesi per fare una scala di DO". Ci pensò su un attimo e poi mi rispose:"Forse si". Quella fu l'ultima lezione.

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Offline Norman

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Re:Visualizzazione e realtà nello studio
« Reply #14 on: July 04, 2015, 04:59:06 PM »
Le rappresentazioni mentali possono aiutare se non le pensiamo secondo un principio di universalità. In altre parole esse devono essere adattate o di volta in volta inventate, a seconda di quello che si vuole far capire all'allievo, ma anche in relazione al tipo di approccio e metodo utilizzato dal maestro. Per esempio: soffiare come se volessimo spegnere una candela posta ad un metro da noi, oppure come se volessimo sostenere un foglio attaccato al muro, sono concetti che farebbero orripilare tutti gli A.R. che conosciamo. Queste rappresentazioni mentali sortiscono l'effetto di produrre un modo di soffiare "attivo", uno spingere che  è all'opposto del concetto di: incamerare più aria possibile, comprimerla e lasciarla uscire in maniera naturale.
Un aneddoto personale: qualche secolo fa decisi che non mi bastava più accompagnare le canzoni di Guccini alla chitarra e mi cercai un maestro. Visto che abitavo a Firenze, mi toccò un allievo del famoso Alvaro Company, teorico della biodinamica musicale (di ispirazione steineriana?): Questi usava moltissimo le rappresentazioni mentali. Dovevo immaginarmi che dalla sommità del mio cranio partiva un filo che era collegato ad un anello attaccato al soffitto, al quale era attaccato un peso. Un altro filo, con relativo pesetto era attaccato alla mia mano destra. E non mi ricordo più quanti altro fili e pesetti vari orientavano il mio corpo verso una corretta postura. Alla fine mi sentii imbrigliato in una rete che mi procurava un blocco marmoreo ed indissolubile. Ed il bello è che non facevamo altro: dovevo rimanere nell'esatta postura e picchiare il MI basso con un solo dito. Dopo un mesetto di sta' storia, a mo' di battuta gli dissi:" di questo passo ci metteremo sei mesi per fare una scala di DO". Ci pensò su un attimo e poi mi rispose:"Forse si". Quella fu l'ultima lezione.

Quello che dici è verissimo, ma si va a toccare un altro argomento. Quanto è giusto che l'insegnante "spieghi" all'allievo? La risposta è difficilissima, ed ovviamente non esiste una risposta giusta per tutti. Io penso che l'insegnante ideale sia quello che, in funzione dell'allievo che ha davanti, dice all'allievo solo quello che è strettamente indispensabile per lui in quel preciso momento, e niente di più. Se parla troppo, l'effetto è quello che dici tu, una confusione che porta alla paralisi.

Io proprio per la chitarra ho avuto un insegnante straordinario, che per esempio quel lavoro sulla postura me lo fece fare praticamente senza che me ne accorgessi, non tanto dicendomi come mi dovevo mettere, ma facendomi capire perché era importante che lo facessi.

Siamo sempre lì, la figura dell'insegnante è fondamentale.
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