Eccomi! Non solo ho partecipato, ma ho avuto l'onore di fare anche da traduttore.
E' stata una bella esperienza, Wayne Bergeron oltre ad essere l'eccellente trombettista che tutti conosciamo è anche una persona estremamente disponibile e di spirito.
La masterclass è stata per me particolarmente interessante, perché mi ha dato diverse conferme sul lavoro che sto facendo personalmente con Giuffredi, compreso un argomento specifico del quale si parlava recentemente a lezione e sul quale avevo intenzione di fare un post specifico qui sul forum, perché lo ritengo davvero interessante nella sua "eresia".
Per prima cosa Bergeron ha voluto raccontare il suo background. Lui inizialmente è partito dal corno ai tempi della prima media, ma dopo un'incursione di vandali nella sua scuola, durante la quale praticamente tutti gli strumenti, incluso il suo, furono distrutti, la scuola decise di non ricomprare più i corni, particolarmente costosi, e lui fu dirottato alla tromba. Presa in mano la tromba fa per suonare il do centrale per intonare lo strumento, ma gli viene fuori un fischio acutissimo, cosa che ovviamente lascia il maestro di stucco di fronte ad una così evidente predisposizione naturale. Questa predisposizione però ha fatto sì che il maestro si concentrasse molto sull'aspetto musicale, e molto poco su quello tecnico, il che da un lato gli ha posto le basi per essere il musicista versatile che è oggi, ma dall'altro lato gli ha fatto prendere tutta una serie di abitudini sbagliate che lo hanno portato su una strada molto pericolosa. In pratica suonava impostato a sorriso, stirando le labbra, soffiando come un dannato, schiacciandosi il bocchino sulle labbra talmente forte da ferirsi più volte (ha cicatrici molto evidenti) arrivando persino a staccare l'anello del mignolo dal cannello!!! Ancora adolescente si è reso conto che non poteva andare avanti in quella maniera.
Il primo passo è stato il cambio di impostazione. Si è interessato particolarmente agli insegnamenti di Louis Maggio, anche se non ha seguito in maniera pedissequa il metodo. Seguendo le indicazioni di Maggio, ha portato gli angoli della bocca in avanti, in modo da formare il "pucker", un cuscinetto che potesse aiutarlo a suonare in maniera più efficiente.
Il secondo passo fu andare a studiare con la seconda tromba della LA Philarmonic e, soprattutto con Uan Rasey, uno dei più importanti sessionmen di Hollywood degli anni '50 e '60, uno che ha suonato in colonne sonore del calibro di Ben Hur, West Side Story e via dicendo. Furono questi due trombettisti a rimetterlo in carreggiata, e soprattutto a trasmettergli un altro concetto oggi fondamentale per lui, quello dell'apertura. Lui che suonava con le labbra serrate capì invece che è fondamentale che le labbra lascino sempre all'aria lo spazio per uscire naturalmente e di vibrare su un flusso d'aria rilassato e con il giusto supporto. Questa apertura deve avere una dimensione proporzionale al volume che si vuole ottenere. Se l'apertura è insufficiente, questo inevitabilmente porta a dover usare più energia del necessario per suonare, innescando il circolo vizioso generato dall'overblowing.
A questo punto Bergeron ha spiegato nei dettagli questo concetto di apertura, sottolineando il fatto che per la sua opinione è assolutamente controproducente pensare di ridurre l'apertura per suonare più in acuto, perché anche se si riesce a suonare il risultato in termini di suono è a suo dire peggiore. Mantenendo un'impostazione aperta invece le labbra imparano a vibrare con meno energia, si fa meno fatica, il suono è più bello e la proiezione molto maggiore. Per quanto riguarda la lingua, lui non ci pensa proprio, lascia che la lingua faccia quello che deve fare naturalmente, ma assolutamente non pensa al classico espediente delle sillabe per farla alzare. Al contrario lui visualizza un approccio "aperto", lui immagina di suonare con l'approccio del cantante lirico, sempre, in tutti i registri. Il che non vuol dire che la lingua non si muova, lui è cosciente che, soprattutto nella parte posteriore, il movimento ci sia, ma non cerca in nessun modo di "indurlo", perché in questa maniera ottiene un suono migliore. Secondo lui è molto importante che un trombettista comprenda questo concetto di imparare a suonare variando l'apertura in funzione della dinamica, e non del registro. A parità di dinamica lui non pensa a restringere l'apertura salendo di registro: non esclude che in una certa misura questo possa accadere, ma cercare di farlo coscientemente secondo lui fa sì che inevitabilmente le labbra si serrino più del necessario.
Per quanto riguarda la respirazione, ha detto che una buona respirazione parte da un'inspirazione rilassata, inspira pensando alla lettera 'O'. Ha sottolineato come sia inutile pensare di inspirare quantità enormi di aria, perché quella che ci serve per suonare è molta meno di quanto pensiamo, e quella che entra durante un'inspirazione profonda, ma normale e rilassata, è più che sufficiente. Una volta che i polmoni sono pieni, per dare supporto all'espirazione lui pensa di "tirare" in dentro l'ombelico, come "appoggiando" il flusso sulla parte addominale. Ha tenuto a precisare che si tratta di una cosa veramente minima, che lui ha mutuato dalla respirazione Wedge di Bobby Shew, e che secondo lui è utile per "attivare" i muscoli addominali senza generare tensioni eccessive. Per spiegare la differenza di compressione dell'aria che usa nei vari registri, ha detto che lui non pensa a spingere di più o di meno, pensa solo a suonare la nota che deve suonare, così come quando devi sollevare un peso non pensi a "tarare" il muscolo, pensi solo a fare il movimento per sollevarlo, e poi è il muscolo che spontaneamente applica la forza necessaria. Nel caso della tromba a determinare quanta forza è necessaria è la resistenza naturale dello strumento, che sarà maggiore quanto più la nota sarà acuta. Ha fatto una dimostrazione suonando do basso, centrale ed acuto e toccandosi la pancia per evidenziare la differenza: suonando il do basso la pancia è gonfia, ma ancora morbida, suonando il do centrale è un po' più tesa, suonando il do acuto invece è tesa come la pelle di un tamburo, per l'effetto della maggiore compressione generata dalla maggiore resistenza dello strumento. Ovviamente è essenziale che l'apertura delle labbra sia sufficiente, perché se non lo è inevitabilmente si innesca l'overblowing, ma è anche fondamentale "fidarsi" della vibrazione delle labbra, del fatto che siano capaci di vibrare con quell'apertura e con una pressione d'aria che è molto minore di quanto non siamo abituati a pensare.
Per quanto riguarda la vibrazione delle labbra, Bergeron ha spiegato la sua routine di riscaldamento quotidiana. Lui inizia tutti i giorni suonando un sol centrale, una nota sicura, che si può considerare come la propria casa: lui ogni giorno per prima cosa controlla che "a casa" sua tutto a posto. Suona questo sol attaccandolo con la sola aria, pianissimo, perché vuole trovare la giusta risposta, la delicatezza della vibrazione con un'emissione leggera come quella necessaria per suonare a quella dinamica. Questo è per lui particolarmente importante se il giorno prima ha dovuto suonare a volumi alti ed in acuto, quindi con un'apertura molto aperta: in questi casi per lui è particolarmente importante ritrovare la capacità di suonare anche all'estremo opposto. Suonare piano è per lui estremamente importante per far sì che le labbra acquisiscano la sensibilità giusta. Suonare piano implica ovviamente, come abbiamo visto, un'apertura più piccola, ma pur sempre un'apertura. Una volta che questo sol suona nella maniera che lui desidera, passa a visitare "i vicini", quindi suona il sol, il la bemolle ed il fa diesis, cercando di fare in modo che suonino esattamente nella stessa maniera, con lo stesso identico suono e la stessa qualità, a partire dall'attacco d'aria. Se così è, passa ancora oltre, allargando gli intervalli, quindi sol, la e fa, sempre con lo stesso obiettivo, e così via via fino ad arrivare alle due ottave, dal sol basso al sol sopra il rigo. Di solito a fare questo ci mette circa 5 minuti, ma in ogni caso dedica tutto il tempo necessario ad ottenere la qualità che vuole, senza accontentarsi e senza lasciar passare niente. A volte, dopo questo primo passaggio, ripete l'esercizio usando anche le articolazioni con la lingua.
Finito questo lavoro passa alla flessibilità. Comincia con qualcosa di molto semplice, poi man mano introduce variabili, per rendere gli esercizi più interessanti. Ha detto che spesso noi trombettisti facciamo questi esercizi come automatismi, mentre invece dovremmo trovare il modo di restare concentrati su quello che facciamo, e modificare gli esercizi è un modo per farlo, alzando la qualità del lavoro che facciamo. Ha insistito molto su questo punto, sul fatto che è importante esercitarsi usando la testa, in maniera intelligente, in modo tale da far fruttare al massimo il lavoro.
Ha detto che lui non fa nessun lavoro specifico sul registro acuto nel quotidiano. Si limita ad esplorare il registro, giusto per accertarsi che le note siano lì, che tutto sia come deve essere, ma il fulcro della sua pratica quotidiana è quello descritto sopra, che lui affronta in maniera sistematica e disciplinata, con la stessa attitudine con la quale un atleta affronta la sua routine di allenamento. Questa costanza aiuta a rendere più costante anche la resa nella performance. Inoltre questo concentrarsi sul piano e sulla tecnica di base è quello che gli permette di "rimettersi in asse" dopo aver fatto performance molto stressanti, come concerti di big band, o aver suonato in contesti molto rumorosi. Suonare piano gli permette di ritrovare la leggerezza e la cura del dettaglio. Inoltre a fine concerto, e specialmente se il concerto è stato faticoso, cerca di fare una sorta di defatigamento, facendo il classico verso del cavallo, facendo vibrare le labbra a frequenza molto bassa, o magari facendo un po' di note pedale.
Last but not least, si è parlato di buzzing, e questo è l'argomento specifico sul quale stavo pensando di scrivere sul forum, perché se ne era parlato molto a lezione nelle scorse settimane, e che per coincidenza Wayne Bergeron abbia detto esattamente le stesse cose ha fatto molto piacere in primo luogo a Giuffredi che queste cose me le aveva dette in tempi non sospetti, ed in secondo luogo a me.
Bergeron ha fatto una dimostrazione: ha preso il bocchino, ed ha cominciato a fare buzzing, come comunemente si fa. Ha prodotto un suono bello e definito, ad una dinamica normale, senza soffio, quello che chiunque definirebbe un eccellente buzzing. Poi, senza interrompere, ha messo la tromba, facendo bene attenzione a non modificare il suo buzzing. Il suono che ne è venuto fuori dallo strumento era stonato e fuori fuoco, nasale. Poi invece ha suonato la stessa nota come lui ritiene che debba essere suonata, col suono bello e centrato, e sempre facendo attenzione a non cambiare nulla ha staccato lo strumento, e ne è risultato solo un soffio d'aria, senza alcun buzzing. Questo dimostra una cosa molto semplice: che quello che viene comunemente detto, che il suono della tromba sarebbe quel "buzz", o la pernacchietta, come si dice da noi, e che la tromba sarebbe un amplificatore di questo, è assolutamente scorretto. La tromba non amplifica un bel niente, non è un amplificatore, ma un risuonatore. Per produrre il buzzing è necessaria un'emissione superiore a quanto necessario per suonare la tromba ed un'apertura di labbra inferiore a quanto necessario per suonare la tromba. La conseguenza è che fare buzzing come comunemente si insegna abitua a fare cose che poi sullo strumento sono controproducenti. Questo non significa che fare buzzing sia sbagliato in assoluto, ma lui ritiene che non sia essenziale farlo, e che se lo si fa, ha senso farlo solo se ci si avvicina il più possibile a quello che effettivamente accade con lo strumento in termini di emissione ed apertura delle labbra, e questo significa che ha senso farlo solo a dinamiche nell'ordine del pianissimo o ancora meno. Lui lo fa essenzialmente quando non può fare altro, per esempio quando è in viaggio, ma solo in questa maniera, quindi pianissimo, con un'emissione delicatissima, che richieda quindi un'apertura piccola, compatibile con il buzzing, ma anche simile a quello che poi succede per suonare. Queste sono esattamente le stesse conclusioni che, dopo tanti anni, anche Giuffredi aveva tratto recentemente, e di cui avevamo parlato a lezione: il buzzing come comunemente si fa porta a chiudere le labbra più del necessario, innescando il famoso circolo vizioso di overblowing e conseguenti eccessiva pressione ed eccessiva tensione, mentre invece bisogna ricercare un'emissione più delicata e naturale, una vibrazione più sensibile, in modo tale da essere in grado di far vibrare le labbra con un'apertura commisurata al volume che si desidera e che sia sostanzialmente costante in tutti i registri, a parità di dinamica. Sono contento che una conferma così autorevole sia arrivata a supporto di un percorso che personalmente avevo già intrapreso in precedenza con il mio insegnante.
Nell'incontro con gli studenti interni Bergeron è anche entrato nel dettaglio della scelta del bocchino, confermando quello che da tempo diciamo anche qui sul forum: il bocchino non risolve i problemi tecnici, se una cosa non la sai fare, non sarà il bocchino a permetterti di farla. Quello che invece il bocchino può fare, è renderti più facile e meno faticoso ottenere uno specifico risultato. Ha fatto un esempio: se devi infilare un piccolo chiodino per appendere un quadro, non vai a prendere una mazza da demolizione, così come non proveresti mai a demolire un muro con un normale martello... Alla stessa maniera è chiaro che con un bocchino grande e profondo hai un suono più grosso e più gratificante, ma se devi suonare ad alto volume e/o in acuto, è meglio se usi un bocchino con una tazza più alta e/o più piccolo, che ti dia un po' più di facilità. E' chiaro che il suono sarà diverso, ma non lo dovrai considerare "più brutto", ma semplicemente diverso, e molto probabilmente sarà in termini assoluti migliore, o perché sarà più adatto allo stile che dovrai suonare, o perché semplicemente il risultato musicale sarà complessivamente migliore in virtù della maggiore facilità, se non addirittura per entrambi i motivi allo stesso tempo. In ogni caso, non si tratta di "imbrogliare", ma semplicemente di usare buon senso e di scegliere lo strumento più adatto per il lavoro che si deve fare. Sempre nell'incontro con gli interni è entrato un po' più nel dettaglio, ed ha aggiunto che ovviamente bisognerà adeguarsi alla diversa strumentazione: con un bocchino a tazza più alta bisognerà adeguare l'emissione, che dovrà essere più leggera, a compensare la maggiore compressione/resistenza generata dal bocchino. Un discorso simile vale per il passaggio a strumenti più corti, ad esempio con il trombino.
E' stata una conferenza davvero interessante. Inutile dire che, per quel poco che ha suonato, ha mostrato una solidità ed una musicalità fuori dal comune, oltre che essere stato disponibile ed esauriente.
Una nota buffa prima di terminare: la prima cosa che ha detto dopo aver preso parola è stata: mi scuso per il mio Paese, per l'esito delle elezioni presidenziali!!!
Infine non posso che ringraziare, oltre che ovviamente Wayne Bergeron, chi ha reso possibile questo evento: la Scuola Civica di Musica Claudio Abbado, che ha messo a disposizione gli spazi, la Yamaha che ha sponsorizzato l'evento e messo a disposizione i suoi strumenti da provare, e soprattutto il mitico Andrea Giuffredi, che sono veramente onorato di avere come insegnante, per l'incredibile trombettista ed artista che è, ma anche per la persona che è, per l'apertura mentale e la curiosità che ha sempre di confrontarsi con altri insegnanti, e la generosità di mettere tutto questo a disposizione dei suoi studenti e del pubblico. Ringrazio infine i tanti presenti, con in testa il il Maestro Soana, e tanti amici, i colleghi studenti della Civica, il mitico Guido, Tiziano, tutti quanti.