Aggiungo anche che mentre una volta il luogo geografico determinava la disponibilità di risorse e tecnologia, oggi questo non è più vero e la competenza, in molti campi, è il risultato degli studi di elementi chiave di un’azienda. Una delle ditte di software più importanti al mondo è nata nell’est dell’europa, certo non la culla dell’informatica.
Oggi come oggi sono i singoli a valere più della massa perché è l’idea rivoluzionaria che vince sul “duro lavoro”. Quest’ultimo si può trovare bene o male ovunque, si puó subappaltare, si può delocalizzare.
Ma poi quanto Made in Italy è un prodotto fatto con materiali grezzi presi all’estero e con macchinari costruiti dall’altra parte del mondo?
E quanto è “Designed in California” un iPhone che è il prodotto della mente di scienziati di almeno 100 paesi diversi che vivono a Cupertino solo perché la ditta paga bene?
Concordo con Norman, il made in Italy ormai ha senso solo per quei beni che fanno parte della tradizione, che sono fatti con materiali locali e da mani italiane. Tutto il resto sono operazioni di marketing.
Io stesso faccio quasi tutto in casa ma i torni sono austriaci, cinesi, tedeschi e americani. I software sono americani, italiani e cinesi, i materiali sono tedeschi ed italiani, alcuni pezzi delle trombe sono tedeschi e sono costruiti con macchinari giapponesi...
Boh, non dovrebbe essere il valore intrinseco del prodotto il motivo per cui lo si compra?
Su FB al momento c’è una discussione sul Made in USA contro il Made in Giro, mi fanno una rabbia sia i produttori che i clienti che mentono/abboccano spudoratamente quando praticamente tutti sanno che il 90% di quello che si compra ora, anche da sedicenti artigiani di alto livello, non sono altro che Carol Brass rimarchiate. E quando va bene sono getzen declinate in mille modi diversi.
Gira gira Monette è tornato ad essere uno dei pochi veri produttori seri che può giustificare il prezzo dei propri strumenti.