Grazie della segnalazione, questa è una tematica molto importante, spesso trascurata ed oggetto di ormai secolari mistificazioni.
C'è poco da fare, checché se ne dica, per quanto sia ovviamente vero che il jazz è frutto di una contaminazione tra mondi diversi, l'influenza della cultura occidentale sul jazz è molto più limitata di quanto non sia comunemente tramandato, mentre invece l'anima più vera di questa musica è marcatamente africana. Questo è perfettamente naturale, perché il jazz, come le altre forme di genuina espressione culturale degli afroamericani, è manifestazione di quell'anima che lo schiavismo prima, la segregazione razziale poi ed il razzismo endemico oggi cercano di frustrare ormai da secoli. Di conseguenza non si può comprendere il jazz se non lo si inquadra nella storia degli afroamericani (non solo negli Stati Uniti, ma in tutte le Americhe), della loro oppressione e del loro percorso di emancipazione.
Questa tematica poi a mio modesto parere è anche legata al motivo per cui oggi, e da svariati decenni ormai, il jazz è una musica per molti versi "morta", priva di vera carica innovativa. Il che non vuol dire che non venga più prodotto niente di bello e meritevole di essere ascoltato, ma che la spinta propulsiva di questa musica si è ormai esaurita da molto tempo. Il motivo è la progressiva perdita di quel legame con la realtà e la quotidianità degli afroamericani e l'evoluzione in una musica "intellettuale" nel senso occidentale del termine, e la contemporanea evoluzione della musica afroamericana verso altre forme, il rock and roll, il rhythm and blues, il soul ed il funk. E' il cambiamento che allora tra i jazzisti solo Miles Davis colse. Per comprendere questo bisogna pensare a quella che è la "funzione" della musica nella cultura africana, che è schiettamente sociale. A noi occidentali verrebbe da dire "popolare", ma forse anche questo è un concetto che non rende l'idea, perché nella nostra cultura la musica popolare è automaticamente considerata di livello più basso, mentre nella cultura africana la musica ha una funzione importantissima. Ecco, io trovo che il jazz abbia vissuto un clamoroso paradosso, per cui proprio nel momento in cui esprimeva le sue vette più alte subiva una subdola influenza della cultura occidentale che di fatto lo avrebbe portato a "morire", e questa influenza è costituita proprio dal concetto di "funzione" della musica. I jazzisti inconsciamente hanno sentito il bisogno di "legittimare" la propria musica facendola diventare "musica da concerto" invece che "da intrattenimento", senza rendersi conto che la mera distinzione era ed è estranea a quelle che erano le loro radici. La trasformazione in una musica più "intimista" e più intellettuale ha allontanato il jazz da quel flusso di eventi storici che ne era sempre stato il motore. Penso sia per questo che si può senz'altro dire che dopo il free il jazz si è trovato su un binario morto. Questo sia chiaro non vuole essere uno sminuire i frutti di questo percorso, ma un riconoscere che, alla fine, aveva ragione sacrosanta Miles quando decise di stravolgere la sua carriera e sconvolgere il mondo della critica e del pubblico del jazz. Chissà cosa sarebbe accaduto se più artisti lo avessero seguito, se la commistione tra jazz e rock/funk fossero state più massicce e più repentine, chissà quanto più profonda sarebbe potuta essere la traccia lasciata dal jazz nella musica più "popolare".
A chiosa di questo mio pensiero non posso che concordare in toto con la citazione riportata da Mar, quando ci avviciniamo al jazz dobbiamo sempre farlo con la piena coscienza di quelle che sono l'anima e la storia di questa musica, del fatto che sono un'anima ed una storia che in gran parte ci sono estranee e che per questo dobbiamo maneggiare con estrema cautela e rigore, con la stessa cautela e rigore che giustamente pretendiamo per la nostra tradizione.