Author Topic: Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva  (Read 894 times)

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Offline Zosimo

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Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva
« on: July 07, 2020, 08:17:34 PM »
Sto leggendo il bellissimo libro su Konitz. Non è la classica biografia,
ma sono lunghe interviste su vari temi, intramezzati da altre interviste ad altri musicisti.
Nella parte dove si parla di improvvisazione (forse chi conosce poco Konitiz
non sa di tutta al diatriba Cool Jazz come jazz freddo cerebrale, Tristano, Marsh ecc ecc, nel caso nel libro si spiega bene il tutto)
lui dice che il 90%  o comunque la maggior parte sono improvvisatori preparati a casa o meglio sanno già cosa fare, quel che fare
sul palco o in studio ( non la critica, ma la categorizza) , poi ci sono quelli come lui o Marsh che improvvisano al momento senza seguire logiche prestabilite,
forse secondo lui solo Marsh riusciva a far credere che alcune cose erano spontanee , ma in realtà erano preparate e infine ci sono musicisti come Parker o Coltrane
che sono improvvisatori compositori anche loro sono preparati su quello che dovranno fare, ma ogni volta i lick li eseguono in maniera diversa.
Uno dei tanti esempi cita il suo album con Rava, dove rava suona bene preciso perfetto con swing, ma era già tutto deciso il giorno prima, quando entra lui
come se lo swing si smorzasse perchè stava veramente improvvisando all'impronta. Che ne pensate trombonauti sudati?
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Offline Mar

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Re: Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva
« Reply #1 on: July 07, 2020, 11:24:29 PM »
Non so se ho inteso bene la parola "preparati" che in italiano può avere sfaccettature diverse. Se ascolti un qualsiasi musicista jazz, se lo segui nella sua carriera, può accorgerti che ognuno ha un suo modo caratteristico di improvvisare, frutto di studio, di sperimentazioni, di gusto personale. Ci sono frasi che ritornano spesso, in contesti differenti, ma questo non significa che sono 'assoli preparati', almeno non nell'accezione negativa. La mia idea è che un musicista può essere tanto più libero dell'improvvisazione quanto più è sicuro di potersela cavare anche se finisse in un buco nero. Il paracadute sono proprio quelle frasi personali, che possono servire anche a permetterti di portare a casa una serata quando non sei particolarmente ispirato. Perché bisogna sempre ricordarselo: l'ispirazione non arriva a comando, ed è 'quasi' impossibile vivere una vita o una carriera intera essendo sempre  "in the flow". Non vorrei mancare di rispetto a nessuno  ma se lo swing si smorza forse sei in una serata no, e se sei in una serata no, per rispetto di chi ti ascolta, forse dovresti 'esserti preparato' una serie di piani b. Nessuno dovrebbe esercitare la propria libertà a danno di un altro, ma questo è solo un mio pensiero

Offline Zosimo

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Re: Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva
« Reply #2 on: July 07, 2020, 11:33:49 PM »
Per preparato intende come un discorso . Un conto che vai dove devi andare e già sai cosa dire , un conto che il tema ti è noto solo quando accendono il microfono.
Ovviamente per tutto quello che dici tu non è in un'accezione negativa. Beh , mi sono espresso male quando ho detto che arriva Konitz dopo il solo di Rava
e si spegne lo swing anzi, ma è una concezione diversa. Purtroppo riassumerla qui è ostica la cosa o ti compri il libro o approfondisci la trimurti Tristano-Konitz-Marsh.
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Offline Mar

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Re: Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva
« Reply #3 on: July 07, 2020, 11:39:15 PM »
Probabilmente devo fare entrambe le cose, libro e trimurti.

Offline Mar

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Re: Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva
« Reply #4 on: July 07, 2020, 11:45:06 PM »
E forse bisognerebbe anche approfondire il concetto di libertà,  nella vita e dell'improvvisazione, un concetto troppo alto per finire vittima di egoismi.
Di certo, nel mio personale dizionario, libertà non significa fare tutto quello che vuoi.

Offline Zosimo

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Re: Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva
« Reply #5 on: July 07, 2020, 11:47:38 PM »
Non c'entra nulla con quello che volevo dire. Non confondere spontaneo con free. Ma ripeto
bisogna quello che ho detto incasellarlo nella storia del jazz. Tristano non è Powell, come Konitz non è Bird.
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Offline fcoltrane

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Re: Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva
« Reply #6 on: July 08, 2020, 07:35:14 AM »
Ho partecipato ad un seminario con un sassofonista che considero il più dotato nel panorama europeo Stefano Bedetti .L’aspetto interessante è stato che hanno partecipato al seminario anche musicisti di altissimo livello Tra gli altri un contraltista che suona negli states Nicola Caminiti  e che per l’occasione si trovava a Catania ed un tenorista Francesco Longo che Ha studiato nel nord Europa. L’oggetto del seminario è stato tra le altre cose come suonare senza vincoli. Ossia percorrere strade sempre nuove .....esprimersi al massimo delle nostre possibilità ed oltre senza stabilire prima cosa suonare. Non posso spiegare a parole cosa è successo ma posso dire che proprio ascoltando questi musicisti ho pensato a Tristano a Marsh ed Coltrane. Un modo di intendere la musica opposto ma meraviglioso .... quando ascoltavo francesco una capacità di suonare linee melodiche con un gusto ed una musicalità che raramente ho ascoltato e lo stesso con Nicola nessuna nota fuori posto intonazione perfetta e suono omogeneo con dinamiche mai fortissime E tutto A Cappella. Poi Bedo che sembra non avere limiti espressivi e tecnici .......Altro aspetto che mi ha colpito è che il 70 per cento dei sassofonisti intervenuti suonava meglio di me ma tutti manifestavano una insoddisfazione espressiva che in sostanza è il titolo di questo post. le risposte sono state date ma esprimerle a parole non sono un grado perché si riferiscono alla comunicazione delle emozioni ed al suono dello strumento e non è possibile descrivere.

Offline Norman

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Re: Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva
« Reply #7 on: July 10, 2020, 06:23:32 PM »
Io negli anni mi sono fatto un’idea: i jazzisti tendono a concentrarsi troppo sul cosa suonare e troppo poco sul come. Il fatto di suonare musica improvvisata spinge alla ricerca a tutti i costi di una originalità che, al cospetto con una storia costellata di artisti stratosferici, è estremamente difficile da ottenere. Se pensiamo alla musica come una sequenza di note, è probabilmente vero che è stato già suonato praticamente tutto. Da qui la domanda, che ci siamo già posti in passato anche qui: ha senso anche solo tentare di improvvisare? È possibile suonare qualcosa che abbia un senso e non sia una mera “cover”?

Ecco, qui a mio parere è dove i jazzisti dovrebbero imparare dalla classica (ed infondo anche dai grandi del jazz, che questa cosa la sapevano molto bene...): che suonare non è semplicemente elaborare una sequenza di note, ma anche e soprattutto dare a queste note vita e senso, interpretarle, preoccuparsi un po’ meno di fare una frase “figa” e di più di suonare quello che veramente viene da dentro. Ad essere stati veramente “originali” nella storia del jazz sono stati veramente in pochi, è bene ricordarlo.

Venendo all’aspetto pratico per quanto riguarda noi semplici appassionati, in passato ho già raccontato di quando il mio maestro di chitarra mi disse di provare a cantare il solo che stavo facendo: mi resi conto che non ero capace, che suonavo pattern che avevo nelle dita, ma non in testa, che era la tecnica a guidarmi e non un’idea musicale. Allora mi resi conto che non ha senso suonare quello che non siamo in grado di concepire musicalmente nella nostra testa. Non ha senso imparare frasi complesse se non si è in grado di concepirle musicalmente in un determinato contesto ritmico ed armonico. La tecnica viene solo dopo. Quando dico “concepire” intendo avere la musica in testa ad un livello tale da poterla manipolare in ogni suo aspetto: articolazione, dinamica e soprattutto suono. La capacità di eseguirla tecnicamente viene solo dopo, perché è ben possibile imparare pattern anche complicatissimi alla perfezione, ma se poi vengono semplicemente piazzati lì solo perché stanno bene su quelle sue sigle, allora il risultato non potrà che essere deludente.
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Offline Zosimo

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Re: Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva
« Reply #8 on: July 10, 2020, 06:32:32 PM »
Bravo Norman è quello che volevo dire
Sei veramente l'amico che tutti vorremmo
Avere quando si parla di jazz e si va a f**@
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Offline Mar

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Re: Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva
« Reply #9 on: July 10, 2020, 11:38:33 PM »
Io invece questa volta sono poco d'accordo con Norman. Cominciamo da: "i jazzisti si preoccupano troppo del cosa e poco del come". Questa è una generalizzazione bella e buona. Posso al massimo venirti incontro affermando che lo studio eccessivo dell'armonia toglie spontaneità all'esibizione, e che lo studio eccessivo dell'armonia viene a torto venduto come unico modo per improvvisare come si deve.
Poi: "se pensiamo alla musica come una sequenza di note, è probabilmente vero che tutto è già stato suonato". Io credo che quando sarà finita la possibilità di creare musica nuova e originale sarà perché è finito il tempo degli esseri umani su questa terra.
Alla domanda: "ha senso anche solo tentare di improvvisare" la mia risposta è: certo che sì, senza alcun dubbio. Tiriamo giù dal piedistallo il mito dell'improvvisazione. Improvvisare è una cosa normale, è un modo per esprimere se stessi, e ne vale sempre la pena. Più lo fai, più non ti fai prendere dalla paura, e più migliori, fino a che sboccia la tua capacità, piccola o grande che sia (non tutti siamo dotati dello stesso talento  ma se io non ho un talento non vado in giro a convincere gli altri che quel talento non esiste). Ho sentito l'altra sera il racconto di Pupi Avati che parlava di un giovane Lucio Dalla appena entrato nella big band dove suonava lui. Ogni sera aveva un paio di assoli, i vecchi gli davano consigli, e lui li seguiva senza strafare. Una sera in Germania non si è fermato, è andato oltre le sue battute, e quello che suonava era semplicemente straordinario, sorprendente per tutti quelli della band, e forse anche per lo stesso Dalla. Nessuno si aspettava un'esplosione di quel tipo, non c'erano avvisaglie che stesse succedendo. Quella sera Dalla ha imparato a esprimere compiutamente il suo genio. Vale sempre la pena provare a esprimersi.
Sono d'accordo con te che suonare non è elaborare una sequenza di note ma dar loro vita. Ancora una volta generalizzi con "i jazzisti", ma io ho sentito parecchi concerti dal vivo di gente più o meno famosa che metteva l'anima in ogni nota. Ok, d'accordo, la loro anima non era quella di Billie Holiday, ma non è compito mio giudicare l'anima delle persone (e dei musicisti).
D'accordo con te su tutto il resto. Lo dico spesso, e spesso vengo frainteso: l'improvvisazione non può nascere dallo studio spasmodico dell'armonia. L'improvvisazione nasce nella testa. Si studiano i primi rudimenti di armonia per sviluppare meglio le idee. Poi andando avanti si può pensare alla musica in modo più complesso, e una crescente conoscenza teorica dell'armonia può darti più possibilità di espressione.
La didattica dell'improvvisazione (e non solo quella) è tutta sbagliata, crea paura in chi ci si vuole avvicinare e crea sterilità artistica in chi riesce ad avvicinarsi comunque nonostante le difficoltà.

Offline Norman

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Re: Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva
« Reply #10 on: July 11, 2020, 09:24:28 AM »
Io invece questa volta sono poco d'accordo con Norman. Cominciamo da: "i jazzisti si preoccupano troppo del cosa e poco del come". Questa è una generalizzazione bella e buona. Posso al massimo venirti incontro affermando che lo studio eccessivo dell'armonia toglie spontaneità all'esibizione, e che lo studio eccessivo dell'armonia viene a torto venduto come unico modo per improvvisare come si deve.
Poi: "se pensiamo alla musica come una sequenza di note, è probabilmente vero che tutto è già stato suonato". Io credo che quando sarà finita la possibilità di creare musica nuova e originale sarà perché è finito il tempo degli esseri umani su questa terra.
Alla domanda: "ha senso anche solo tentare di improvvisare" la mia risposta è: certo che sì, senza alcun dubbio. Tiriamo giù dal piedistallo il mito dell'improvvisazione. Improvvisare è una cosa normale, è un modo per esprimere se stessi, e ne vale sempre la pena. Più lo fai, più non ti fai prendere dalla paura, e più migliori, fino a che sboccia la tua capacità, piccola o grande che sia (non tutti siamo dotati dello stesso talento  ma se io non ho un talento non vado in giro a convincere gli altri che quel talento non esiste). Ho sentito l'altra sera il racconto di Pupi Avati che parlava di un giovane Lucio Dalla appena entrato nella big band dove suonava lui. Ogni sera aveva un paio di assoli, i vecchi gli davano consigli, e lui li seguiva senza strafare. Una sera in Germania non si è fermato, è andato oltre le sue battute, e quello che suonava era semplicemente straordinario, sorprendente per tutti quelli della band, e forse anche per lo stesso Dalla. Nessuno si aspettava un'esplosione di quel tipo, non c'erano avvisaglie che stesse succedendo. Quella sera Dalla ha imparato a esprimere compiutamente il suo genio. Vale sempre la pena provare a esprimersi.
Sono d'accordo con te che suonare non è elaborare una sequenza di note ma dar loro vita. Ancora una volta generalizzi con "i jazzisti", ma io ho sentito parecchi concerti dal vivo di gente più o meno famosa che metteva l'anima in ogni nota. Ok, d'accordo, la loro anima non era quella di Billie Holiday, ma non è compito mio giudicare l'anima delle persone (e dei musicisti).
D'accordo con te su tutto il resto. Lo dico spesso, e spesso vengo frainteso: l'improvvisazione non può nascere dallo studio spasmodico dell'armonia. L'improvvisazione nasce nella testa. Si studiano i primi rudimenti di armonia per sviluppare meglio le idee. Poi andando avanti si può pensare alla musica in modo più complesso, e una crescente conoscenza teorica dell'armonia può darti più possibilità di espressione.
La didattica dell'improvvisazione (e non solo quella) è tutta sbagliata, crea paura in chi ci si vuole avvicinare e crea sterilità artistica in chi riesce ad avvicinarsi comunque nonostante le difficoltà.
Hai ragione, generalizzare è sempre sbagliato, so benissimo che ci sono tanti bravi artisti che suonano cose belle e sentite, ma siamo onesti: la maggior parte del jazz che si sente in giro nei locali è un’arida esposizione di sequenze di note, che raggiunge il culmine nelle famigerate jam sessions... Le facce del pubblico in queste occasioni dicono più di mille parole, e parlo generalmente di pubblico preparato e ricettivo. Ma alla fin fine la penso come te: è fondamentalmente un problema di didattica, incentrata molto sul famigerato rapporto scale/accordi, su regole che dicono quali sono le note giuste e quelle sbagliate, e che trascura l’aspetto interpretativo, il suono, la capacità di far “cantare” lo strumento, la musicalità di per sé stessa.

Certo che sono convinto che abbia senso improvvisare, per il semplice fatto che l’improvvisazione non trova il suo senso necessariamente nel suonare qualcosa di assolutamente nuovo, ma nel dire qualcosa di personale in un determinato punto nello spazio e nel tempo e ad un determinato numero di persone, il pubblico per cui si suona. Penso che quello che conta per un improvvisatore sia creare quella connessione magica con il suo pubblico in quel preciso momento: se questo riesce, magari non entrerà nella storia come qualcosa di rivoluzionario, ma rimarrà nella memoria degli ascoltatori come qualcosa di bello e profondo, ed alla fin fine l’obiettivo di chi suona è questo. Non sta scritto da nessuna parte che si debba suonare solo se si ha la capacità di essere innovativi, anche perché se fosse così non dovrebbe più suonare quasi nessuno... Penso che sia questo il “peso” che molti appassionati di jazz dovrebbero togliersi, perché è un carico di cui solamente i grandissimi artisti possono farsi carico. Suonare invece qualcosa di sinceramente personale e gradevole per il proprio pubblico penso invece che sia alla portata di tutti.

Ovviamente sono anche convinto che ci sia sempre spazio per della musica nuova ed originale, ma questo è prerogativa di quella straordinaria élite di persone dotate di vero talento fuori dal comune, che naturalmente questi problemi neanche se li pongono.
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Re: Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva
« Reply #11 on: July 11, 2020, 02:53:47 PM »
Comunque il mio post era sulle definizione di konitz e il suo stile e quindi il distacco vero da parker e i suoi epigoni, soprattutto con la tanto bistrattata scuola Tristano,
ma a voi piace parlare sempre delle stesse cose ::)
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Offline Zosimo

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Re: Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva
« Reply #12 on: July 11, 2020, 02:56:11 PM »
Tu Norman un po' di storia del jazz la pure  conosci, ma stai sempre li con la storia delle scale e degli accordi.
Io parlo dei giganti che portavano sulle spalle intere sessioni ritmiche e noi qui sempre a MON il volume 1 dell'aebersold.
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Offline bubbermiley

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Re: Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva
« Reply #13 on: July 11, 2020, 04:09:57 PM »
Sto leggendo il bellissimo libro su Konitz.



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Offline Zosimo

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Re: Improvvisazione spontanea, ragionata o compositiva
« Reply #14 on: July 11, 2020, 05:15:42 PM »
Andy haimlton
Conversazioni sull'arte di improvvisare
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