Tantissimi bravo trombettisti del passato suonavano in maniera inefficiente, e questa è un’ulteriore testimonianza del loro talento, pensate cosa avrebbero potuto fare se avessero avuto a disposizione una didattica adeguata! Io il Freddie Hubbard post infortunio lo vidi dal vivo ad Arona nel 2001, e fu un patimento, eravamo tutti in imbarazzo per lui. Ma anche Armstrong ebbe una carriera trombettistica rapidamente declinante, raggiunse il suo culmine negli anni ‘20, ma poi andò gradualmente degradando, ed il suo crescente interesse per il canto fu in parte forzato. Nelle foto si vede il segno che aveva sul labbro. Anche Dizzy Gillespie ebbe una parabola simile, complice anche la sua problematica di degradamento dei tessuti.
Pensate cosa avrebbero potuto fare personaggi del genere se avessero avuto una tecnica come quella di Doc Severinsen, che lo ha preservato fino a ben oltre gli 80 anni!
Il “no press” è un mito, ma è la mitizzazione di un livello di efficienza che invece è raggiungibilissimo con uno studio adeguato.
Quanto al vibrato nel jazz, è vero che la tendenza è alla moderazione, ma non è un dogma, come ho detto dipende dallo stile, ed è un po’ questione di “moda”, se mi passate il termine. Oggi il modello preminente è il jazz anni ‘50 e ‘60, e particolarmente qui in Italia è forte l’influenza di Miles Davis e Chet Baker, soprattutto per la presenza fisica del secondo qui da noi per molti anni. Ma quando il riferimento principale era Armstrong era tutta un’altra storia... Io ho fatto mio l’esempio del mio Maestro Giuffredi, che jazzista non è, ma che da artista poliedrico quale invece è mi ha insegnato ad apprezzare le specificità di ogni linguaggio, ad ascoltare la voce unica ed irripetibile di ogni singolo artista, e che mi ha incoraggiato a cercare di essere in ogni situazione un trombettista diverso, secondo quello che ogni singolo brano richiede o suggerisce. Per questo alla domanda su “come fare il vibrato” rispondo con il suggerimento di provare a farlo in tutti i modi possibili, di imparare tutte le varianti possibili, di esplorare le potenzialità della propria espressività in tutte le direzioni.
Vi dirò di più: a volte esagerare fa bene. Una volta a lezione stavo eseguendo una melodia (non ricordo quale, ma era una ballad). A me sembrava di farla decentemente, ma lui era perplesso, diceva che era piatta. Ad un certo punto mi disse: “esagera! Suonala volgare, come la canterebbe un muratore in cantiere!”. Io lo feci, mi abbandonai a tutto il tamarrismo di cui mi sentivo capace, e lì mi venne fuori finalmente la musica che lui voleva sentire da me, che non era volgare per niente, ma semplicemente era finalmente “libera”, al che lui esclamò: “ooooh! Finalmente hai tolto lo straccio dal culo!”. È molto frequente che i principianti ed i dilettanti suonino inconsapevolmente “frenati”, troppo concentrati sul controllo di quello che fanno, ed in questo perdono capacità espressiva, invece, vibrato o non vibrato, la tromba va fatta sempre cantare, se no finisce per sembrare un sequencer... Per questo esagerare un po’ l’interpretazione può talvolta farci scoprire che in realtà abbiamo ancora spazio da riempire di musica, e questo vale per tutti gli elementi di stile, anche per il vibrato.