se vi fosse sfuggito questo splendido articolo
Enrico Rava
Poesia, purezza di suono, bellezza, queste sono le parole che vengono subito in mente quando si parla di Chet Baker. Insieme a una serie di luoghi comuni, tipo l’ultimo beatnik, l’eroina, il musicista maledetto ecc.
Tutto vero, ma c’è un altro aspetto di questo grandissimo che si tende ad ignorare: Chet aveva un tempo terrificante. Uno swing incredibile e un tiro da non crederci. Quando era necessario sparava delle raffiche di note come una mitragliatrice.
Il suo tempo era perfetto e questo è il motivo per cui molto spesso faceva a meno del batterista. Non ne aveva bisogno e preferiva suonare senza piuttosto che avere a che fare con batteristi che non avessero la sua concezione del tempo.
Qui siamo a Pueblo, Colorado, 1966.
https://youtu.be/wEIM0YIt5EU Il club (mai sentito prima) è Gaetano’s. Il pubblico i soliti 4 gatti, il che ci porta a fare una breve e triste riflessione sugli USA.
Il jazz, che è probabilmente il più grande apporto degli Stati Uniti alla cultura, è praticamente ignorato tranne che in alcune grandi città. Ma perfino a New York la situazione può essere deprimentissima. Basta ascoltare quel grande capolavoro che é Konitz live all’Half Note del 1959, con Warne Marsh, Bill Evans, Jimmy Garrison e Paul Motian dove, fra rumori vari, gente che chiacchiera, telefoni che squillano, registratori di cassa e tutto il resto si sentono pochi applausi sparsi qua e là ad opera di alcuni volonterosi. Difatti, viene da chiedersi se sia mai possibile che in una città di circa nove milioni di abitanti non si riesca a mettere insieme un centinaio di persone per riempire un club dove stanno suonando alcuni dei più grandi musicisti del ‘900. Sì, evidentemente è possibile, purtroppo.
Chet nell’occasione suonava col bravissimo Phil Urso, suo complice in moltissime occasioni e particolarmente nel gruppo Chet Baker and Crew (1956). C’ è un bravo bassista abbastanza noto nella West Coast, Chuck Domanico. Gli altri due non li conoscevo ma se la cavano benissimo. Sono Dave McKay al piano e Harry Keevis alla batteria.
Il brano è Milestones, di Miles Davis, che conferma, in caso ce ne fosse bisogno, l’ammirazione di Chet per Miles.
Il suo assolo è semplicemente stratosferico. Su un tempo velocissimo riesce a mantenere una grande lucidità, le frasi sono leggibilissime, il labbro tiene alla grande.
Insomma, godetevi questa meravigliosa versione di Chet Baker versione formula 1.
un Chet così in forma raramente lo avevo ascoltato yeahhhhhhhhhhhhhhhhhhh