Riflettevo sul significato di " narrazione " , ... su cosa essa vuole esprimere ....
A questo proposito ho trovato questo articolo su cosa la narrazione "letteraria" vuole esprimere. L'ho trovato molto bello, profondo ed interessante.
...So che ci sono dei Buoni Lettori qui.....
Penso che quello che in esso è scritto vada bene , alla stessa maniera, anche se lo considerassimo/lo pensassimo essere ,stato scritto, con un riferimento ad una "narrazione musicale " , invece che ad una "narrazione letteraria "
.
Ecco il testo :
LA NARRAZIONE
Ognuno di noi ha una storia del proprio vissuto, un racconto interiore, la cui continuità, il cui senso è la nostra vita.
Si potrebbe dire che ognuno di noi costruisce e vive un racconto, e che questo racconto è noi stessi, la nostra identità.
Per essere noi stessi, dobbiamo avere noi stessi,possedere, se necessario ripossedere, la storia del nostro vissuto.
Dobbiamo ripetere noi stessi, nel senso etimologico del termine, rievocare il dramma interiore, il racconto di noi stessi.
L’uomo ha bisogno di questo racconto, di un racconto interiore continuo, per conservare la sua identità, il suo sé.
(Oliver Sacks, 1986)
La narrazione è una pratica sociale ed educativa che da sempre risponde a molteplici e complesse funzioni:
dal “fare memoria” alla condivisione di esperienze collettive, dall’apprendimento al puro intrattenimento.
Nella storia evolutiva dell’uomo, il narrare ha risposto e continua a rispondere a una necessità profonda, addirittura primordiale. La narrazione si presenta come un concetto trasversale all’oralità (tipica dei popoli primitivi) e alla scrittura (tipica delle società più evolute). Sia le “civiltà illitterate” sia le “civiltà alfabetiche” hanno utilizzato la narrazione, pur avendo forme diverse.
La narrazione è da sempre usata dall’essere umano. È uno strumento importante di interpretazione della realtà per interagire con il mondo sociale nel quale noi essere umani viviamo. È dunque un modo per comprendere tutto quanto ci circonda e per trasmetterlo agli altri.
Perché è utile narrare?
La narrazione consente: di esplorare e comprendere il mondo interno degli individui in quanto conosciamo noi stessi e ci riveliamo agli altri attraverso le storie che raccontiamo, ma ci consente anche di esplorare esperienze individuali e collettive, campi e corsi di azione, situazioni problematiche di difficile interpretazione, consentendo di comprenderne e decostruirne/ricostruirne il significato culturale e sociale.
Inoltre, attraverso il dispositivo narrativo l’agire umano è collocato in uno specifico tempo e spazio, è dotato di intenzioni e motivazioni, è inscritto in rapporti di causa/effetto e/o di reciprocità con altre azioni ed eventi, infine, è connotato di un significato culturalmente riconosciuto e riconoscibile. Anche per questo, i dispositivi narrativi assumono nel contesto educativo particolare rilevanza.
Il dispositivo narrativo consente ai soggetti di ripensare le proprie esperienze e le proprie azioni ricostruendone il senso ed evidenziandone le possibili prospettive di sviluppo, portando alla luce le intenzioni, le motivazioni, le opzioni etiche e valoriali in esse implicate, inscrivendole all'interno di una rete di significati culturalmente condivisi, riconoscendo ad esse continuità ed unità; ... ciascun continuum all'interno dell'esperienza di una persona e che quindi acquista un significato unitario è così riconoscibile come “unità narrativa” (Connelly, Clandinin,1997,2000) e viene a far parte di una sequenza/intreccio di una unità connotata da una direzionalità e un senso.
La narrazione costruisce e dipana sequenze esperenziali da accadimenti, eventi, situazioni cui conferisce unitarietà e ne trae elementi conoscitivi sulla base di specifici interessi euristici.(.... euristico : quando ci si accontenta momentaneamente di un’approssimazione, il procedimento è euristico ).
C'è una struttura narrativa nell'esperienza umana che nel narrare si configura attraverso l'elaborazione di intrecci.
È attraverso gli intrecci – e dunque entrando in una narrazione – che l'esperienza temporale dell'essere umano può acquistare un significato, in qualche misura condivisibile perché si narra sempre a qualcuno, a un destinatario presente o assente, oppure a se stessi.
In altri termini, con i racconti di cui diveniamo capaci variano le configurazioni che possiamo riconoscere nell'esperienza, riposizionandoci di conseguenza rispetto al passato e al futuro.
Le narrazioni permettono inoltre cioè di esplorare l'infinità dei significati possibili di un'azione, nelle variabili connessioni che si possono istituire tra antecedenti, coincidenze, conseguenze e implicazioni: in tal senso c'è un nesso tra il narrare e il conoscere.
Duccio Demetrio, fondatore della Libera Università dell’Autobiografia, afferma infatti che la scrittura è lo strumento che consente di farsi da se stessi: “Quando ripensiamo a ciò che abbiamo vissuto, creiamo un altro da noi. Lo vediamo agire, sbagliare, amare, soffrire, godere, mentire, ammalarsi e gioire: ci sdoppiamo, ci bilochiamo, ci moltiplichiamo....
La narrazione di sé, il racconto autobiografico, possono essere quindi considerati una potente modalità di cura, in quanto: narratore e protagonista coincidono, ma è come se non fossero la stessa persona.
La scrittura autobiografica è capace di cambiare la rappresentazione dei fatti biografici, non i fatti in sé, che rimangono tali nella storia di vita della persona.
Essa consente di risignificare i vissuti grazie alla distanza che si viene a creare tra il sé narrato e il sé narrante: una “bilocazione cognitiva “, usando sempre le parole di Demetrio, ossia, la capacità di ognuno nella narrazione di dividersi...senza perdersi: “Per rientrare in se stessi, per rimettere in ordine le tessere scompigliate della sensazione di panico emergente, il rimedio è costituito dall’imparare, senza paura, a sdoppiarsi e moltiplicarsi. Soltanto nel momento in cui diventiamo capaci di questo proviamo l’emozione di rinascere, perché assistiamo alla nascita dei molti "io" che siamo stati,.. li seguiamo nei loro primi passi, ...li vediamo confondersi tra loro senza più continuità nei passaggi
che hanno attraversato”.
La scrittura consente dunque di dare senso e significato rispetto al proprio vissuto, attivando un processo che “ridimensiona l’Io dominante e lo degrada a un Io necessario — anche per l’opera autobiografica — che possiamo chiamare l’Io tessitore, che collega e intreccia; che, ricostruendo, costruisce e cerca quell’unica cosa che vale la pena cercare — per il gusto di cercare — costituita dal senso della nostra vita e della vita” (Demetrio, 1996).
L’atto narrativo è quindi un mezzo utile non solo per chi svolge la professione di cura, ma anche per i soggetti con i quali, e per i quali, si lavora, in quanto genera cambiamento: “Il ripercorrere la propria storia rappresenta un motivo di sicurezza, dal momento che mostra come il cambiamento sia un elemento presente in tutto l’arco dell’esistenza, di volta in volta affrontato e rielaborato in modo spesso inconsapevole.
I cambiamenti possono essere ricostruiti solo in prima persona attraverso la riflessione autobiografica in grado di rendere conto di quelli che sono stati i mutamenti più profondi”.
La narrazione, il racconto autobiografico, sembra così avere non solo un potere curativo e catartico, ma anche trasformativo e performativo, che conforta e, allo stesso tempo, stimola il cambiamento: “Il conforto recato dalla narrazione risiede nella possibilità di esteriorizzare il problema, in una sorta di liberazione data dall’espulsione simbolica dei fantasmi interiori; il racconto genera infatti, quel distacco necessario all’accettazione ed elaborazione dei vissuti dolorosi” (Demetrio, 1999).
La scrittura, in quanto atto performativo, consente all’individuo di compiere operazioni di autoriflessione e quindi di "cura del sé", consentendo di esplorare la propria identità attraverso una metodologia auto-curativa.
Quando si scrive, infatti, si scopre qualcosa di sé , ed è proprio in questo senso che la scrittura può essere considerata come sistema di cura, in quanto rende evidenti i significati latenti presenti in ogni individuo.....
...Mi viene da pensare (pensando alla narrazione musicale) ai gospel , ai primi brani cantati dagli schiavi o a qualunque altro motivo di dolore o di malessere emotivo o meno, che nella vita, uno o più individui, hanno vissuto e condiviso ; ... dove il cantarli / suonarli consente loro di prendere coscienza, riconoscere le situazioni ed i contesti, ed inoltre la comune condivisione permette di : lenire , superare e affrontare il dolore da esse provocato ... Senza però , per forza di cose, pensare a situazioni che provocano un dolore emotivo, mi ricollego a quanto detto all'inizio dell'articolo, ovvero su cosa la "narrazione" possa permettere di esprimere : l'esternalizzazione del proprio vissuto , del proprio "Io" conoscitivo e personale che ognuno dentro di sè ha e che può parimenti essere inteso anche in senso musicale).
Ecco che il suonare un brano o su un brano deve suggerire il senso di una narrazione di come il musicista, attraverso il suo vissuto emotivo e musicale , lo interpreta.
P.S. Il soffermarci e riflettere su un po' su aspetti dei quali a volte , siamo consci in maniera latente , ci apre a nuove e consapevoli conoscenze del nostro " Io " ... ...