Author Topic: Riascoltare le proprie interpretazioni il giorno dopo ... o un po' di tempo dopo  (Read 384 times)

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Offline dirtysound

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Ciao a tutti !
Inizio questo post per chiedervi le vostre impressioni sul " Riascoltare le proprie interpretazioni il giorno dopo ... o un po' di tempo dopo ..."
Questo aspetto tocca tante implicazioni.... Nasce comunque da una frase che ascoltai da un amico musicista che si dilettava a livello professionale/semiprofessionale nella registrazione dei brani suonati da Lui e/o da altri.
Si parlava del fissare le idee, quando ti venivano, sulla tempistica del fissarle subito,( perchè alcune sono estremamente belle ed " altrettanto volatili " :D ) e sul lavorarci su, nell'immediato o a posteriori .....
...e nel parlare di questo ad un certo punto se ne uscì con questa frase :
... A volte non bisogna insistere troppo nel fissare/sviluppare le frasi tutte in una volta, perchè spesso lo sviluppo troppo prolungato (in termini di tempo continuato, ore o nottate, nello sviluppare l'idea, ti porta ad avere, nell'immediato, la percezione di aver sviluppato l'idea perfettamente, esattamente come vuoi tu, invece, riascoltata a mente fredda il giorno dopo o giorni dopoo (o addirittura  qualche mese dopo), ti porta a considerare che l'interpretazione non abbia più colto il senso/l'espressione musicale che sentivi di dargli... Lui sosteneva , che :... spesso bisogna fermarsi e..." ripulirsi le orecchie " da certi passaggi che , ascoltati nel breve, sembrano essere quelli giusti, riascoltati dopo un po' di tempo rilevano un "sentire differente" da quello che inizialmente sentivi tu e che nello sviluppo dell'interpretazione si è poi perso in altre strade..
Rendere un brano " coerente" e "scorrevole in maniera non banale" , esprimendo un' idea, implica tanti aspetti da essere considerati e guardati...
Vs. pareri ?  ;) :D
Bb Conn 38B ; Bb Scodwell standard con  trimmer kit Harrelson - Taylor ; mouthpiece Bruno Tilz Spetial 11F e 10 , Bach 11C , Monette BL2S3 stc1

Offline iMaurizio

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Che dire.....sono certamente d'accordo sul fatto che registrarsi quando si suona per potersi riascoltare in seguito sia una buona pratica.
Analizzare a freddo tutti gli aspetti del proprio modo di suonare e di stare sulla musica può essere utile per crescere, per capire come modificare o integrare il proprio modo di studiare, come lavorare su una specifica lacuna.


Allo stesso tempo credo che se si tratta di un assolo/improvvisazione non serve fare un esegesi molto approfondita di una singola versione,
può essere più utile secondo me registrare (anche in momenti differenti) più versioni dello stesso brano e poi si va a estrapolare il meglio dai vari take.

E' naturale che se una frase in particolare ci ha colpito e ha una sua valenza melodica anche al di fuori del contesto, allora potrebbe diventare un materiale di lavoro, un pattern che possiamo studiare sia in maniera diatonica (rimanendo sulla stessa scala) che riproducendolo in altre tonalità e punti dello strumento.

Trascrivere e/o imparare a memoria una singola frase per poterla poi ri-eseguire uguale nello stesso punto non dico che sia un operazione inutile, ma penso che abbia una bassa ricaduta dal punto di vista dell'autoapprendimento.
Per ricollegarsi anche agli altri thread dove abbiamo parlato di atmosfera/espressività, nell'approcciare un solo improvvisato possiamo sì avere un nostro bagaglio di frasi/grammatica che abbiamo studiato a parte, ma uno degli ingredienti più importanti rimarrà sempre l'estemporaneità.

Spesso è meglio un incertezza/imprecisione in una frase suonata con l'emotività di quel momento,
piuttosto che magari una frase precisa/completa ma che suona come un compitino ben eseguito.   :D

Offline dirtysound

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Cercherò di spiegare in una maniera migliore quello che intendevo...provando a fare un parallelo con la pittura..
...i colori ( le note ) sono a disposizione di tutti... ogni autore/pittore ad es. Van Gogh, Renoir , Monet (Armstrong , Chet Baker, Davis  ecc..) ha, nel tempo, elaborato un proprio stile, una propria tecnica pittorica ( un proprio modo di suonare ) che si può riconoscere in quadri con soggetti differenti dello stesso autore ( differenti brani ). Prendiamo adesso ad es. una tela bianca  e consideriamo/scegliamo un soggetto : ad es una natura morta (potrei scelgliere un brano o comporne uno ) .
Potrei scegliere se riprodurre la natura morta cosi come la vedo ( ...suono facendo il compitino... )  ; se essere un copista (suono nello stile di...)  o essere personale ( suono con un mio proprio stile ). Se scegli una di queste ultime due opzioni , quando poi fai il quadro, devi "mantenere" lo  stile pittorico scelto, in tutta la tela, devi essere "coerente/mantenere la coerenza "  della scelta in tutto il quadro.
Ovviamente non è che puoi fare il quadro con due stili diversi...Mantenere/ cercare / trovare  la coerenza musicale, nella propria ( o altrui ), interpretazione, durante tutta l'esposizione del brano, non è così semplice a trovarsi / a farsi / o a ricercarsi... si rischia di perdere la coerenza espressiva ( propria o altrui ).
Mettevo l'accento sul fatto che il giudizio che si dà relativamente alla coerenza espressiva, "durante tutto l'arco del brano" ,  dell'idea iniziale che si ha/si aveva , e che si vuole/volreva trasmettere , possa ( il giudizio ) incontrare la necessità di essere rivalutato a posteriori.
Per quella che è la mia piccola esperienza (al momento ) è che mi sentirei di affermare che le interpretazioni/esecuzioni/composizioni/idee che ti vengono in testa, le affini (ed impari a migliorarle/a conoscerti) via via , facendo anche una valutazione "globale" a posteriori, in retrospettiva, e non solo nell'immediato , nella voglia di tirare giù l'idea ... :)
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Offline dirtysound

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Spesso è meglio un incertezza/imprecisione in una frase suonata con l'emotività di quel momento,
piuttosto che magari una frase precisa/completa ma che suona come un compitino ben eseguito
In questa affermazione sono presenti ( e si presta ) a tante considerazioni:
Quote
una frase suonata con l'emotività di quel momento

Qui si vedono/si esprimono due diverse concettualità.

- Se stai suonando una frase con una emotività , sicuramente stai esprimendo qualcosa di proprio. ;)
Quote
suonata con l'emotività di quel momento
- Su questo si aprirebbe un dibattito, (che era anche un'aspetto che volevo sollevare nell'introduzione del post), relativo ad es. alle emotività che dovrebbero  essere "catturate" nell'istante in cui si producono... (...il dopo... potrebbe essere un compitino...).
...Ma soffermiamoci un attimo su questo aspetto...Spesso abbiamo letto (sui libri, nelle interviste) che quando si effettuano/si effettuavano le registrazioni, in particolar modo quelle dove sono/erano presenti delle improvvisazioni, le migliori, a detta degli addetti ai lavori, risultano/risultavano essere le prime, quelle più fresche, quelle della prima (o seconda ) improvvisazione registrata (il primo Take o il secondo Take )...E personalmente credo che ci sia del vero in questo... 
Qui mi riallaccio a quello che ho precedentemente scritto e che diceva il mio amico che si occupava di registrazioni. A volte le terze , le quarte registrazioni , perdono il filo emotivo , e ... allo stesso modo...  l'insistere con tempi di registrazione troppo prolungati dell'improvvisazione  in termini di tempo di ore o per l'intera nottata )  fa perdere il filo emotivo/emozionale nell'interpretazione..
Ma quanti di noi sono in grado di tradurre istantaneamente le emozioni in musica,...e anche chi ha la tecnica, a farlo bene ?.. E lungo tutto l'arco del brano ?...
Fissare istantaneamente le frasi belle che hanno un impatto emotivo, non è una cosa che la moltitudine/maggioranza dei musicisti ha sotto le dita...e lo stesso è per  " averla lungo tutta la durata dell'interpretazione"...... è dei grandi... e non sempre...  "
Qui forse bisognerebbe interrogarsi se sia invece più utile (a livello della moltitudine) :"lavorarci su" per "fissare" provare, cercare di "congelare ", l'istante delle emozioni , come quando si compone un brano..
Anche per capire dove la tua identità musicale ti sta portando...
Ed allora fare il " compitino " , ( se l'emozione è Tua e sai come farla vivere ),  ... è utile...
 Vorrei aggiungere un aspetto che spesso rilevo e che in generale , riguarda noi trombettisti...(Parlo per me, se qualcuno possa sentirsi offeso...) :
Come tutti, immagino, ho avuto/abbiamo avuto amici musicisti di altri strumenti : pianisti, chtarristi ..sassofonisti...
Spesso li vedi / li abbiamo visti "cercare" le note, perdere tempo a..."cercare.. il passaggio", "cercare la frase " , " cercare l'esposizione dell'intero brano"...( sassofonisti compresi )...
Devo dire che ho sotto gli occhi, pochi/pochissimmi esempi di trombettisti che si fermano a " parlare " con il proprio strumento, che si fermano a "cercare le note", a "cercare il passaggio"... a "cercare la tonalità nella quale lo strumento rende meglio".... a "cercare le emozioni da trasmettere"...
Tutti lì a cercare la tecnica o qualche bella frase....ma altrettanto importante è  ( o forse è anche più importante ) il Cuore e la vista d'assieme di come esso si realizza  ( aprendosi nel curare / nell'osservare anche quegli aspetti nei quali questo si realizza.
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Offline dirtysound

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E'naturale che se una frase in particolare ci ha colpito e ha una sua valenza melodica anche al di fuori del contesto, allora potrebbe diventare un materiale di lavoro, un pattern che possiamo studiare sia in maniera diatonica (rimanendo sulla stessa scala) che riproducendolo in altre tonalità e punti dello strumento.
iMaurizio , potresti esplicitare meglio con un esempio quello che hai scritto?
Ad es. Mi è  chiaro il significato di trasporre la frase in altre tonalità, ma... suonata in un altro punto dello strumento ? ( cambiando l'ottava in alto od in basso ? )
Non mi risulta chiaro neanche: lo studiare il pattern in maniera diatonica...
Intendi la stessa frase ma suonata, invece che sull'accordo su cui è  stata pensata, su accordi di grado differenti che si formano dalla stessa scala che individua la/le battute sulla quale si esegue la frase oppure intendi che la frase invece che iniziarla a suonare dalla prima nota la inizi a suonare dalla seconda o ancora intendi che cambi le note della frase con le note diatoniche della scala utilizzata sulle battute della frase ( ammesso che la frase non suoni anche su un cambio di tonalità ed inoltre potrebbe  pure essere che la frase non  sia costituita " solo" dalle note della scala individuata nelle battute su cui la frase
 suona, bensì potrebbero esserci anche note differenti da quelle presenti nella scala.
Potresti chiarirmi il contesto?
Grazie.  :D Ciao. ;)   :)
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Offline iMaurizio

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Intendevo circa questo



La prima riga è l'ipotesi di una frase che uno ha suonato (in un brano qualsiasi) e che gli è piaciuta.

Le due righe successive sono un esempio di come sviluppare la frase nell'estensione dello strumento, mantenendosi nella stessa scala.

Le ultime due righe sono invece un esempio di sviluppo modulante, rifacendo la stessa frase in tutte le tonalità.

Ovviamente si potrebbero introdurre altre varianti, a seconda di come è la frase di partenza....

Inoltre io ho creato appositamente una frase breve e semplice; con una frase più lunga/elaborata la trasformazione in pattern di studio
diventa a sua volta più impegnativa ma anche più redditizia in termini di apprendimento.

Offline dirtysound

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Grazie iMaurizio, sempre molto gentile !   :)  :D
Era un po' come la terza soluzione che avevo paventato. Diciamo che una frase può diventare  un possibile  studio , come avevi detto.  :D
Toglimi una curiosità (anzi due...)
La prima è : come hai fatto ad inserire il pentagramma con gli esempi ?  :D
La seconda è legata allo sviluppo dell'armonia legata all'esempio dello studio diatonico che hai presentato, ed è questa:
In quell'esercizio gli accordi iniziali Dm7 G7 Cmaj7  Am7 ( che prefigurano un  II  V  I  VI della tonalità di DO ) , nello sviluppo diatonico i successivi accordi dovrebbero cambiare in Em7 Am7 Dm7 Bm7/b5  e così via , quindi seguendo in maniera diatonica gli accordi successivi che si costruiscono sulla scala di DO ? (è così ? ( credo di sì ) , mi confermi ? )
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Offline iMaurizio

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come hai fatto ad inserire il pentagramma con gli esempi ?  :D

Nella risposta scegli la prima icona sulla sinistra sopra alle faccette, chiamata "Insert Image", e in mezzo ai codici (img)(/img) che ti verranno messi automaticamente ma con le parentesi quadre, metti il link all'immagine, che deve essere ovviamente pubblicata online su qualche sito. (ne esistono vari gratuiti che sono appositamente chiamati siti di image hosting)   :)

Offline iMaurizio

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In quell'esercizio gli accordi iniziali Dm7 G7 Cmaj7  Am7 ( che prefigurano un  II  V  I  VI della tonalità di DO ) , nello sviluppo diatonico i successivi accordi dovrebbero cambiare in Em7 Am7 Dm7 Bm7/b5  e così via , quindi seguendo in maniera diatonica gli accordi successivi che si costruiscono sulla scala di DO ? (è così ? ( credo di sì ) , mi confermi ? )

Sì e no   :D

Teoricamente si potrebbe fare questo tipo di trasposizione diatonica anche delle armonie, ma in realtà lo scopo di questo tipo di esercizio è semplicemente quello di portare il modello di frase con i suoi intervalli su tutti i gradi della scala, indipendentemente dalle armonie che potrebbero stare sotto.

Non a caso la terza frase potrebbe anche stare sulla stessa armonizzazione della prima, e in generale questo ragionamento vale per tutte le frasi, non è che possono e devono stare per forza su un unica armonizzazione, sono suonabili anche su altri accordi, ma non è questo lo scopo dell'esercizio.

Più in generale direi che la trasformazione di una frase melodica in un pattern di studio non ha lo scopo di suggerire in modo rigido cosa suonare e dove,
ma principalmente quello di farci imparare e sviluppare una fraseologia generale che poi potremo utilizzare liberamente a seconda di quello che ci suggerisce l'orecchio, il gusto e la sensibilità.  :)

Offline dirtysound

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Grazie della risposta iMaurizio, mi hai rinfrescato un po' i ricordi delle lezioni  della scuola jazz.⁶
Riporto alcune delle considerazioni che ci venivano riportate dai docenti nel caso si fossero voluti suonare le note degli accordi contigui ( o qualsiasi  altra nota/e della scala ) senza cambiare gli accordi nelle battute, - dicevano :
Tenete comunque presente che
 su ogni nota dellla scala è possibile
costruire un accordo che contenga tutte le altre note della scala:
ad es. Se utilizzi la scala di Do sul Re (II grado)puoi ottenere fino a un Rem7/9/11/13
Sul  Sol (V grado) puoi ottenere  fino a un Sol7/9/11/13
Sul Do (I grado) puoi ottenere fino a un Do maj7/9/(11)/13
Sul La (VI grado) puoi ottenere  fino a un Lam7/9/11/b13 e così via per tutte le note della scala... Alla fine ,  ci dicevano, quello che conta è capire , (avere nelle orecchie) il suono che queste note producono in termini di assonanze o dissonanze per  capire quali note utilizzare per esprimere quello che senti. E questo acquisire come suonano le note su accordo  può essere ottenuto anche utilizzando note che non appartengono alla scala...Alla fine, ci dicevano, puoi utilizzare di tutto (sapendolo fare)..
La conclusione era
,comunque che, una volta che hai educato l'orecchio alle assonanze / dissonanze che ogni nota produce in relazione all'accordo , all'armonia, ai collegamenti armonici che le note e/o le  scale producono, il senso e lo sviluppo di una melodia o di un solo dovrebbe   comunque essere l'espressione di un tuo sentire e non l'espressione di una mera capacità tecnica di esecuzione...il riempitivo, purtroppo, si è  trasformato sostanza,  ..e questa " sostanza" .quella vera,( di sostanza) invece,  sembra essere presente proprio in piccola quantità.. ...E quindi torno a chiedermi: Possibile che sto' li ad incamerare suoni , scale , armonie e poi mi fermo a valutare "solo" la tecnica  e non mi fermo a chiedermi se sono capace di valutare me stesso dal punto di vista della capacità di trasmettere emozioni ?
 Possibile che il "così  fan tutti " della  bella tecnica,  non mi faccia aprire gli occhi sulla povertà di trasmissione emozionale che c'è  in giro, nei brani, in me stesso, ...e non mi stimoli invece a smuovermi ?
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Offline iMaurizio

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una volta che hai educato l'orecchio alle assonanze / dissonanze che ogni nota produce in relazione all'accordo , all'armonia, ai collegamenti armonici che le note e/o le  scale producono, il senso e lo sviluppo di una melodia o di un solo dovrebbe   comunque essere l'espressione di un tuo sentire e non l'espressione di una mera capacità tecnica di esecuzione...

Certo, ma non sono due approcci in contrapposizione o che si escludono a vicenda,
sono due componenti che insieme concorrono alla realizzazione del risultato finale.

Il tuo sentire è dentro la mente ma per poter essere ascoltato deve passare necessariamente dall'esecuzione fisica in un tubo di ottone  ;D
Puoi essere anche il musicista più ispirato, raffinato e poetico, ma se non hai la capacità tecnica di eseguire quello che ti passa per la mente farai fatica ad esprimerti.

E chi ascolta da fuori farà più fatica a percepire l'esecuzione come spontanea, fluida, espressiva.

Un insegnante potrebbe ribaltare il tuo dubbio e dire che la capacità tecnica diventa mera
solo quando non è adeguata a quello che si vorrebbe fare.
In altre parole se non padroneggi lo strumento il rischio è che quando suoni tenderai a concentrarti soprattutto sulla difficoltà/peculiarità tecnica di quello che stai eseguendo, togliendo attenzione invece alsentire e tutti gli aspetti più espressivi e squisitamente musicali.

Offline dirtysound

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Certo, va da sè, anche io la penso così , ma non è che uno debba essere un virtuosista completo sullo strumento, o meglio prendiamola più dolcemente, non è che uno debba per forza essere completo in tutte le espressioni  dellle capacità tecniche sullo strumento per potersi esprimere nella sua individualità musicale , è sufficiente che lo sia nel range che possa soddisfarlo  nel poter esprimere  il suo sentire.
La mia percezione all'ascolto di gran parte dei trombettisti (viventi) , mi fa propendere per uno sbilanciamento nell'esecuzione dei brani verso la tecnica e non verso la percezione di una espressione musicale che esprima il sentire proprio del musicista, (e non mi riferisco allo stile , perchè uno potrebbe pure avere un proprio stile e non comunicare granchè).
E' come se i trombettisti di oggi, rispetto a quelli del passato, abbiano perso l'interiorità dell'anima ,... e non la vadano neanche a cercare...
....  Poi nella vita, ognuno fa' come gli pare, e la vede con il proprio punto di vista.

...Ma secondo te, e secondo Voi, non c'è questo sbilanciamento al giono d'oggi ?

Potrebbe essere questa la causa per la quale la musica jazz , ha perso " Appeal " ?  :)

O,,, il mio concetto di " Appeal " è ancorato a un concetto di " Appeal "  passato ,  che non è quello odierno ?    ::)   :)
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Offline iMaurizio

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Possibile che sto' li ad incamerare suoni , scale , armonie e poi mi fermo a valutare "solo" la tecnica  e non mi fermo a chiedermi se sono capace di valutare me stesso dal punto di vista della capacità di trasmettere emozioni ?

Secondo me nello studio e crescita di un musicista queste sono e tendono a rimanere due fasi distinte, spesso anche distanti nel tempo, e non devono diventare una sorta di dilemma esistenzial-musicale per lo strumentista.


Se uno vuole interrogarsi sulla propria capacità di trasmettere emozioni e su come migliorarla può farlo,
ma questo non viene indebolito dal fatto che parallelamente uno vada a studiare delle frasi, dei pattern melodici, dei frammenti di assolo, degli elementi grammaticali che poi torneranno utili quando si andrà a fare un improvvisazione.

E concludo dicendo che studiando la tecnica non si fa mai solo la tecnica, ma si studia anche la capacità di essere espressivi.

Un tema come My Funny Valentine, per fare un esempio, da un punto di vista delle difficoltà tecniche è bene o male alla portata di tutti, ma un conto è suonare le note in fila, a tempo, intonate etc.., altro è riuscire a farlo con intensità, espressività, comunicando come dici tu delle emozioni.
Non è così semplice come sembrerebbe  :)

Offline iMaurizio

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non è che uno debba essere un virtuosista completo sullo strumento, o meglio prendiamola più dolcemente, non è che uno debba per forza essere completo in tutte le espressioni  dellle capacità tecniche sullo strumento per potersi esprimere nella sua individualità musicale , è sufficiente che lo sia nel range che possa soddisfarlo  nel poter esprimere  il suo sentire.

Sono d'accordo, e infatti ognuno deve capire per sé a quale risultato puntare e poi scegliere i materiali di studio adatti per andare verso quella direzione.

Ma non esiste nessun obiettivo possibile da un punto di vista musicale che possa essere raggiunto senza l'ausilio di un corrispondente studio dello strumento.

Poi certo uno può decidere che tendenzialmente suonerà solo delle ballad o comunque dei brani
non veloci, con temi semplici tecnicamente etc..., però con un genere come il jazz non arrivare a suonare fraseggi ad ottavi sui tempi dai 120 ai 180 bpm (quindi non velocità altissime) secondo me ci si perde una gran parte del divertimento.  :)

Offline iMaurizio

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La mia percezione all'ascolto di gran parte dei trombettisti (viventi) , mi fa propendere per uno sbilanciamento nell'esecuzione dei brani verso la tecnica e non verso la percezione di una espressione musicale che esprima il sentire proprio del musicista.
E' come se i trombettisti di oggi, rispetto a quelli del passato, abbiano perso l'interiorità dell'anima ,... e non la vadano neanche a cercare...
...Ma secondo te, e secondo Voi, non c'è questo sbilanciamento al giorno d'oggi ?

Sicuramente ci sono molti trombettisti (e non solo) che fanno un uso preponderante della tecnica strumentale,
ma faccio più fatica ad affermare che a causa di questo essi non stiano esprimendo sé stessi e il "proprio sentire" nella musica.

Quando ascolto che so.....Amato o Bosso, per citarne 2 italiani, a me sembra che stiano suonando proprio come piace a loro,
come intendono e sentono la musica e come interpretano il ruolo del trombettista nel jazz.
Ma come esistono loro esiste anche Fresu, Rava e altri nella storia del jazz italiano che hanno rappresentato un approccio di tipo differente rispetto all'uso dello strumento.

Del resto i tecnicisti sono sempre esistiti, anche negli anni d'oro del jazz:
Freddie Hubbard, Clifford Brown, Lee Morgan, i fratelli Candoli, Dizzy Gillespie, Booker Little, Woody Shaw (e si potrebbe continuare) sono stati tutti musicisti
che hanno governato con virtuosismo le difficoltà tecniche dello strumento, esprimendosi liberamente secondo il loro gusto e facendo apparire i loro fraseggi più semplici di quello che sono nella realtà.
Dubito si possa contestare a questi personaggi di aver fatto prevalere la tecnica strumentale ad un espressività più intensa ed interiore. 

Credo in definitiva che un tecnicismo prevalente e un espressività un po' algida possano sì essere riscontrate contemporaneamente in una stesso musicista,
ma non è detto che la presenza di uno dei due aspetti comporti per forza la presenza dell'altro.  :)