Una breve chiacchierata con eugeniovi ed anche la partecipazione ad un convegno che si è svolto a Catania proprio sul mare, mi hanno fatto tornare una grande nostalgia del mare con quella intensità che mi era abituale: possedevo un cabinato a vela e spesso facevo delle immersioni. Allora sono andato a rileggermi il resoconto di una traversata che ho fatto con mia figlia e che, a suo tempo, fu pubblicato da una rivista specializzata che chi va per mare conosce di sicuro:"Bolina". Ho pensato di pubblicarlo anche quì. E' pieno di termini tecnici perchè era destinato ad un pubblico esperto di cose di mare, però è grazioso (penso) da leggere per come viene fuori il rapporto con mia figlia. Leggetelo .....se volete. (Più off-topic di così...)
Da Portorosa a Palermo
Alle cinque del mattino c’è un buio pesto. Ho dormito poco e male. Un po’ di apprensione per questo trasferimento. Comunque bisogna andare. Mi vesto in fretta, apro il tambuccio piano per non svegliare mia figlia (13 anni): mia compagna di viaggio. Sveglio il vecchio Yanmar monocilindrico…. tossicchia un po’, ma subito si mette a borbottare dignitosamente. La girante? Si sputacchia regolarmente.… o.k!…. molliamo? Molliamo! Nuvola attraversa impettita per darsi un po’ di coraggio i canali di Portorosa, ma non c’è un marinaio, un guardiano, un custode qualsiasi che ci veda. Maria si sveglia. E’ così buio che non si distingue il cielo dal mare. Dobbiamo dar retta alla bussola che ci dice che dobbiamo andare proprio di là. Maria canticchia:”oh mare nero, mare nero, mare nero. Tu eri chiaro e trasparente come.…” Finalmente le prime luci alle nostre spalle. Strano che mia moglie non abbia ancora telefonato.Un sole estivo ci rincuora e ci riscalda. Ecco mia moglie…. Ah già… ho rimesso il mio Suunto che uso solo d’estate…. è ancora con l’ora legale…siamo partiti alle quattro! Cominciamo a spogliarci. E’ il 5 novembre e siamo a torso nudo. Il mare è una tavola ed il vento.… non c’è. Pazienza… Ci mettiamo a prua per stare più lontani possibile dal catarroso gorgogliare del vecchio Yanmar. Maria parla: di sé, delle sue amiche, di quello che si aspetta dalla vita. E’ stato bello avere creato questa occasione. Ogni ora prendiamo il punto con il GPS e lo riportiamo sulla carta. Maria è curiosa. Vuole imparare e qualche punto lo segna pure lei. Quella linea, un po’ a zig-zag, diventa la storia del nostro viaggio, d’intesa, non solo di miglia. Arriviamo con il buio a Cefalù. Non conosciamo il porto, ma, grazie ai tre portolani che abbiamo con noi (quello di Mancini è sempre il migliore), è come se Maria lo conoscesse già:”Dobbiamo puntare sulla cattedrale normanna con i due campanili”. Siamo stanchissimi e una bella ricciola al “Porticciolo” diventa un ottimo premio alle nostre fatiche. Anche questa notte dormiremo poco e male. In cuccetta sento vento e corrente al traverso da sinistra: domani, appena avremo mollato gli ormeggi andremo in collisione con la barca degli inglesi sottovento. Penso a tante soluzioni possibili. Dormicchio. Mi sveglio ancora prima che suoni la sveglia. Spiego il problema a Maria, le do la cima più lunga che ho e la passo a doppino all’anello più distante sopravvento. Così tonneggiamo la barca lontano dagli inglesi: Maria richiama con il doppino, mentre io filo lentamente la trappa. Adesso posso dare motore. Siamo liberi. “Mi, che sei stato bravo papà”! Ci allontaniamo lentamente. Di nuovo la prua verso il buio. Solo che stavolta proprio su Palermo si distinguono cumulonembi e fulmini a volontà. Siamo perplessi. Torniamo indietro…. Oppure no? Propongo di aspettare le prime luci dell’alba per potere valutare meglio. Intanto procediamo a due nodi. Ci ripenso:a volte per dare coraggio si diventa più coraggiosi di quanto lo si sarebbe se si fosse da soli. Invertiamo la rotta, ma sempre a due nodi. Le prime luci dell’alba ci rincuorano. C’è vento da sud, quindi il temporale si allontanerà dalla nostra rotta. O.K: prua ad ovest. Il mare comincia ad agitarsi. Adesso si balla un po’. “Bhe, i giubbotti ce li abbiamo: li indossiamo?” Ci facciamo le foto con i giubbotti. Si balla un po’ di più. Maria si siede sul pagliolato (sa che è utile abbassare il baricentro) e canta a voce alta per farsi coraggio. Mia moglie telefona preoccupata:”dove siete?” Bhe te lo dico io dove siamo: coordinate, ora, rotta, velocità. Non si sa mai. Ci sentiamo ogni ora. Per fortuna prima di Capo Zafferano il mare si placa completamente. Ci affacciamo sul golfo di Palermo: parecchie vele sparse danzano lentamente… due Benetau 25 si misurano in una prova di regata a bastone…. due braccia sventolanti di mia moglie ci segnalano che la nostra avventura si è conclusa.