Anche io ascolto le trombe nuove (italiane, europee e americane) e la lista che ho fatto prima ne è la conferma.
Non sono mica tuo nonno!
Non ascolto SOLO i grandi del passato e non sono ANCORATO ad essi, come sostieni tu (e vuole pervicacemente far credere Anrapa, dandomi del Talebano ).
Ma non posso dimenticarli, i grandi, quando ascolto altro, perché è da lì che si parte per la comprensione dell'altro.
Ora Blue in Green di Rapa non è altro, è un tentativo goffo di "modernizzare" un pezzo che non necessitava nessuna rivisitazione in quel senso (secondo me).
Vuoi farmi sentire altro? Allora:
1) Non sei un jazzista? Non fare Blue in Green!
2) Sei un jazzista? Fammi sentire qualche originale (materiale jazzistico, intendo) e non fare Blue in Green .... funky!
Cos'é altro per te? Prendere My Foolish Things e farlo rappare da 50cents?
Al solo pensiero, provo la stessa sensazione di orrido che ho provato sentendo Blue in Green funky...
Cesco, qui però sei tu che sei talebano... Con questo modo di ragionare non avremmo mai avuto il bebop, e saremmo ancora fermi al jazz di New Orleans. Lo spirito che ha permesso al jazz di rivoluzionare la musica mondiale è quello della ricerca, della contaminazione, della spinta in avanti. Un mix di tradizione ed innovazione. Anche quando comparve il bebop ci fu chi diceva che non era jazz... Dizzy semplicemente se n'è sbattuto la ciolla, ed è andato avanti. Immagina cosa avranno pensato i vecchi jazzisti quando hanno sentito gli standard suonati a 200 di metronomo, con armonie ardite ed un'articolazione diversa da quella a cui li aveva abituati l'era delle grandi orchestre... Chi l'ha detto che Blue in Green non si può toccare? Si può fare eccome! Lo stesso Miles si sarebbe divertito, conoscendo il tipo... Lui dopo anni neanche le voleva suonare più quelle cose, perché le trovava vecchie! Le sue cose!
Chet, Miles e compagnia bella sono stati dei grandi, ma sono il passato. Sono passati più di 50 anni da Kind of Blue, rimanere ancorati a quei canoni è solo una questione di gusti, non c'è giusto né sbagliato. C'è un solo comune denominatore nel jazz da un secolo a questa parte, ed è lo swing, quel qualcosa che nessuno è mai riuscito a definire, ma che si sente, ed è qualcosa di ritmico. Il resto è tutto contingente e figlio della sensibilità e del background del singolo artista.
Fa bene Rapa a cimentarsi in operazioni del genere. Poi noi siamo liberi di apprezzare o meno il risultato, ma togliamoci quest'idea della sacralità delle opere del passato, perché i creatori di quei capolavori sarebbero stati i primi a ridere di questo atteggiamento. Se mi va, suono My Funny Valentine salsa, checcacchio me ne frega? Se c'è swing, c'è jazz, anche se suono facendo le pernacchie con le ascelle.