Author Topic: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza  (Read 24005 times)

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Offline Norman

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Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« on: June 07, 2010, 03:13:53 PM »
Apro questa discussione partendo dallo spunto che mi ha dato la lettura del trattato di Amiri Baraka sulla storia del 'popolo del blues' (http://www.italiantrumpetforum.it/forum/index.php?topic=2338.msg38093#msg38093), perché ritengo tratti di aspetti interessanti per chi si interessa di jazz e penso si possa ricollegare a discussioni passate che sarebbe un peccato far cadere nel vuoto.

Il libro è un saggio sulla storia della condizione dei neri americani analizzata attraverso l'evoluzione della loro musica. L'autore infatti parte dal presupposto che la musica è il prodotto della condizione emotiva di chi la crea, e quindi è rappresentazione estremamente genuina di come l'artista (ma anche il fruitore) percepisce (anche in maniera non pienamente cosciente) sé stesso e la propria condizione nel mondo in cui vive. L'autore osserva come i neri siamo partiti dalla loro cultura prettamente africana per arrivare gradualmente a trovare la loro posizione nella società americana, fino a creare una forma d'arte che non può che definirsi eminentemente americana, nel senso che è il prodotto di persone nate e cresciute in America, facendo i conti con la cultura americana-occidentale. Ma l'autore osserva anche che la caratteristica principale delle creazioni più genuine dei neri americani è il fatto di aver conservato in maniera molto evidente tratti riconducibili all'anima africana di questo popolo, un'anima che è riuscita a sopravvivere alla schiavitù, alla segregazione e soprattutto a secoli di convivenza con una cultura diametralmente opposta e che ha cercato fino a non molto tempo fa di annichilirla, in quanto considerata deteriore ed inferiore rispetto alla cultura dominante occidentale.

Che il Jazz sia eminentemente una musica di matrice africana non credo debba essere argomentato, lo diceva chiaramente già Gunther Schuller nel suo bellissimo trattato sulla storia del Jazz.

Quello che secondo me è interessante discutere è il rapporto tra sostanza (intesa come la spinta emotiva che porta alla creazione artistica) e la forma (intesa come la manifestazione materiale della creazione).

E' indubbio che il successo del Jazz (e delle altre musiche afroamericane) è dovuto al fatto che anche gli occidentali sono stati sedotti dall'originalità di queste forme, da una musica eminentemente basata sul ritmo, con canoni estetici diametralmente opposti a quelli della musica occidentale. E fin dal principio i bianchi si sono cimentati con queste forme nuove con grande entusiasmo. Però, ed il libro di Baraka lo mette in luce con chiarezza, il prodotto di questi cimenti è sempre stato qualcosa di diverso dall'originale, perché per quanto si sforzassero di assimilare le forme ed i canoni del jazz, la sostanza ispiratrice della creazione era radicalmente diversa, era il frutto di secoli di cultura occidentale, di una visione del mondo opposta a quella degli afroamericani. Si badi, non migliore o peggiore, ma indubbiamente diversa. Penso che sia chiaro a tutti quanto sia diverso il mood di un Bix rispetto a quello di un Armstrong, quello di un Chet da quello di un Miles Davis (al di là di uno stile 'simile'), di uno Stan Getz rispetto ad un Sonny Rollins, e così via.

Fin qui è tutto chiaro, penso. Quello che mi chiedo è se sia possibile per un musicista di cultura 'occidentale' arrivare a creare musica jazz con lo stesso mood dei musicisti di cultura afroamericana (e parlo di cultura, NON di razza! un bianco che fosse adottato da una famiglia nera sarebbe sostanzialmente di cultura afroamericana, anche se biondo e con gli occhi azzurri...) a cui solitamente (e giustamente) ci si ispira. La risposta che mi do è che, con ogni probabilità, questo non solo non è possibile, ma non ha neanche molto senso farlo, perché il risultato rischia facilmente di essere nient'altro che una sterile copia dell'originale. Io penso che per fare musica ci si debba mettere l'anima, quanto di più vero e genuino ci sia dentro di noi, e che ci piaccia o no quello che c'è dentro un occidentale è radicalmente opposto a quello che c'è dentro ad un africano. Peraltro mi pare evidente come gli esempi più alti di jazz italiano sono proprio quelli che mostrano in maniera più chiaro l'imprinting della nostra cultura sulle forme di origine africana: se si ascoltano Rava, Fresu e Bosso (solo per rimanere tra i trombettisti) mi pare evidente quanto si senta praticamente sempre che sono musicisti italiani che suonano jazz...

L'altra riflessione che faccio è che per chi studia jazz a mio parere è fondamentale cercare di capire l'origine di queste forme aliene alla nostra cultura, perché sono in questa maniera si può cercare quantomeno di padroneggiarle in maniera opportuna. Che ci piaccia o no il jazz è una musica a noi estranea, e richiede un'interiorizzazione culturale prima ancora che tecnica, anche solo per quello che riguarda l'aspetto formale.

Che ne pensate, a parte che forse sono stato troppo prolisso?  :D
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Offline Jim Barda

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #1 on: June 07, 2010, 09:47:25 PM »
Norman intanto grazie perchè offri sempre spunti di riflessione molto interessanti.
Riporto una tua frase: "...Io penso che per fare musica ci si debba mettere l'anima, quanto di più vero e genuino ci sia dentro di noi..." sono assolutamente daccordo, a maggior ragione nel jazz. Da qui risulta che è ovvio che ogni persona si esprimerà nel fare jazz a suo modo e questo riguarda anche due persone nate e cresciute in contesti molto simili, della stessa razza, cultura ecc. Per quanto riguarda le "due facce " del jazz ti vorrei rispondere riportando delle frasi di un libro sulla storia del jazz ma lo devo prima rispolverare...  doh ma adesso devo scappare, a presto.

Offline Jim Barda

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #2 on: June 08, 2010, 12:32:38 PM »

Le componenti africane del jazz sono fuori discussione. Ma, attenzione, non si pensi minimamente
che il jazz sia una musica africana.E’ una musica sviluppata ed elaborata dai negri degli Stati Uniti nel
corso di tre secoli, fondendo le tradizioni socio-musicali della loro terra di origine, l’Africa appunto,
con quelle della cultura europea, sia cattolica (dovuta ai francesi che occupavano la Louisiana) sia protestante(dovuta alla larga diffusione
dei coloni anglosassoni).

Appunto, quindi è innegabile la parte africana del jazz, ma non avremmo il jazz senza tutto il resto, senza l'incontro di due mondi diversi, i quali hanno entrambi fondamentale importanza. Cito ancora testualmente:

E così nacque il jazz, curioso impasto musicale in cui sono predominanti una armonia di matrice europea,una melodia euro-africana ed un ritmo prevalentemente africano.
Vi si trovano in abbondanza diminuite e mezzi toni dovuti alla necessità di raccordare la scala pentatonica africana con quella classica europea.
Caratteristiche della musica jazz sono una immediatezza di comunicazione,un uso di colori strumentali e vocali propri con tale espressività per cui gli strumenti suonano come fossero una voce umana (quasi che lo strumento fosse una propaggine del corpo umano) e le voci cantano come fossero strumenti,con un ritmo complesso e fluente.
Questa musica, così definitasi nei primi anni del secolo, nei successivi cento anni di vita si è molto sviluppata,diffusa, modificata, continuandonei vari decenni ad attingerevia via elementi di predominio ora dalla cultura bianca ora da quella negra, essendo stata sin dalle origini, come matrice di nascita, compressa ed oscillante fra queste due culture. Ad esempio basta ascoltare Charlie Mingus e Duke Ellington (neri) o Bill Evans (bianco) per avvertire chiaramente che laloro musica non sarebbe potuta esistere senza l’Africa, ma nemmeno senza Ravel e Debussy.
Il jazz è stato definito anche musica popolare urbana, perché nel suo sviluppo ha rappresentato il disagio e le angosce e le speranze di un popolo ghettizzato nelle grandi città industriali degli Stati Uniti.
A poco a poco gli stilemi, il linguaggio e la poetica del jazz sono stati apprezzati, assorbiti e fattipropri dai bianchi, a cominciare da quei gruppi etnici quali ebrei e italo-americani che hanno per molto tempo condiviso coi neri una condizione di emarginazione e di subordinazione nei confronti della classe dirigente americana, cioè quella anglosassone e protestante(WASP). Così, pian piano, nel corso di decenni e soprattutto del dopoguerra, la musica jazz è diventata internazionale, come musica che esprime quel disagio e quell’angoscia che contraddistinguono l’uomo del Novecento, sradicato dalle
sue certezze e dalla sua cultura tradizionale in conseguenza della rivoluzione
industriale.

Questo è un altro aspetto importante, è vero che in origine il jazz è nato come risposta ad una situazione di sfruttamento o comunque di disagio, ma è anche vero che oggi le condizioni sociali sono radicalmente cambiate(in America e non) quindi è giusto conoscere come sia nato il jazz e tutto il resto, ma poi vale quello che dicevamo sopra: nel fare jazz ci devi mettere te stesso, e se sei un "bianco" nato in Italia è ovvio che lo farai diversamente da qualsiasi altra persona nata in altri contesti. In definitiva penso che proprio perchè ci devi mettere te stesso è inutile voler scimmiottare un modo di essere e di fare musica che non è il tuo. Sarebbe solo una brutta copia, e penso che Rava e Bosso mi piacciono proprio per via della loro impronta italiana nel suonare. Non credo che il jazz solo per la sua forte impronta africana sia musica a noi estranea, lo è se cerchiamo di esprimerci come lo farebbero gli africani, o gli afroamericani.
Only my two cents ovviamente.

Offline Norman

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #3 on: June 08, 2010, 12:54:43 PM »
Di che libro si tratta?

Comunque, se non lo hai già fatto, ti consiglio di leggere il libro di Baraka, ma soprattutto il trattato di Gunther Schuller sulle origini del jazz, che a mio parere è illuminante. Schuller fa un'approfondita analisi musicologica, e rileva come certamente è vero che si tratta di una musica nata dall'incontro di due culture, ma che l'assunto che spesso si sente in giro secondo cui l'aspetto ritmico sarebbe di derivazione africana, mentre quello melodico e armonico di derivazione europera è estremamente riduttivo. Schuller spiega come quasi sempre, anche laddove c'è l'utilizzo di forme derivate dalla tradizione europea, queste vengono però utilizzate dai primi jazzisti con una logica che invece è schiettamente africana. Un esempio banale, che è ripreso anche da Baraka, è la maniera radicalmente diversa con cui vengono utilizzati gli strumenti 'occidentali', tra cui la nostra amata tromba: i neri che cominciarono ad utilizzare gli ottoni non furono minimamente interessati a riprodurre i canoni di suono degli ottoni delle bande tradizionali europee, ma cercarono l'imitazione della voce umana e dei suoni della natura, esattamente come avviene nella più genuina tradizione africana. Poi è indubbio che i musicisti bianchi hanno portato nel jazz influenze invece tipicamente occidentali, ma se vai a vedere anche nello stesso momento storico l'approccio dei bianchi e dei neri (pur con qualche notevole eccezione) noterai che il modo in cui queste influenze sono 'digerite' dai neri è sempre influenzato da questa anima africana. Al contrario invece, ovviamente, i bianchi hanno incorporato un aspetto ritmico estraneo alla loro cultura in un substrato invece a loro familiare. E' semplicemente per questo che, solo per fare un esempio, le orchestre bianche e nere suonavano in maniera chiaramente diversa. Ancora una volta ci tengo a precisare: non meglio o peggio, ma semplicemente in maniera diversa.
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Offline Valejazz

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #4 on: June 08, 2010, 01:12:21 PM »
è la maniera radicalmente diversa con cui vengono utilizzati gli strumenti 'occidentali', tra cui la nostra amata tromba: i neri che cominciarono ad utilizzare gli ottoni non furono minimamente interessati a riprodurre i canoni di suono degli ottoni delle bande tradizionali europee, ma cercarono l'imitazione della voce umana e dei suoni della natura, esattamente come avviene nella più genuina tradizione africana.

E' vero che gli afroamericani hanno portato una rivoluzionari fisicità e vocalità nel modo di suonare gli ottoni (come tutti gli altri strumenti europei).

Non è vero che non fossero interessati alla nostra tradizione "classica": dobbiamo ricordare come a New Orleans, nei primi decenni dell'Ottocento, fosse operativo un teatro di opera lirica interamente gestito dalla comunità nera della città. Si eseguivano opere di Bellini, Donizetti ecc.

Poi la principale banda degli USA, nello stesso periodo, era quella del nero Frank Johnson (1792-1844) http://www.library.upenn.edu/collections/rbm/keffer/johnson.html
che fece anche tour in Europa riscuotendo grande successo davanti alla Regina Vittoria. Pare che nei suoi brani introducesse elementi "esotici" ma il modo di suonare e scrivere doveva in linea di massima rientrare nel gusto e nella tecnica dei tempi di Jean Baptiste Arban.

Insomma la storia è molto più complicata di quanto non appaia. Molto si può leggere in The Music of Black Americans di Eileen Southern, tradotto in italiano.

Offline eugeniovi

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #5 on: June 08, 2010, 02:41:32 PM »
La cultura europea ha sempre esercitato un certo fascino per cui era normale che ne fossero interessati, Parker  citava  frasi della Carmen negli assoli, Scott Joplin compose Tremonisha, ma sicuramente non ha lasciato nessun segno nella storia al contrario delle forme originali di espressione Afroamericana. Mettetela come volete ma le 'roots' del Jazz sono e saranno sempre nere e legate indissolubilmente al tragico periodo della schiavitù e loro conseguenze che si sono protratte sino all'epoca moderna. Ciao, eugeniovi

Offline Jim Barda

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #6 on: June 08, 2010, 05:03:25 PM »
Insomma la storia è molto più complicata di quanto non appaia. .

Infatti, e senza voler far polemica, credo che parlare di jazz oggi nel 2010 sia una cosa, volerne capire le origini un'altra ancora, capirne la spinta iniziale, fasi sociali e tutto il contesto decennio per decennio un'altra ancora...
Penso che non si possa fare tutto un calderone, e dire che i neri possono fare jazz noi no perchè non è "cosa nostra", e se vuoi fare jazz devi capire questo quello e questaltro ancora. Il jazz è una musica nata in un secolo di enormi trasformazioni, che hanno spiazzato il comune sentire della gente, l'analisi va fatta in maniera più ampia sennò si rischia di cadere in luoghi comuni.
Il bebop è nato come risposta "nera" alla musica delle orchestre swing che avevano tolto ecc ecc ecc E chi lo nega? Il jazz è stato negli anni veicolo, espressione di un disagio(non solo nero). E' stato tante cose, tutte relative ad un ben determinato periodo storico. Ma torno a quello che diceva Norman all'inizio di questa interessantissima discussione(Grazie Norman!!) Io non credo che il jazz sia un qualcosa di estraneo a noi. Penso che sia un qualcosa con cui uno nasce, un modo di sentire e anche di esprimersi. Un modo di vedere le cose, ecco dovè l'origine del jazz. E' quella che ci spinge a cercare questa forma di espressione, piuttosto che un'altra. Per farla breve penso che oggi il jazz è parte della nostra cultura, e questo non nega certo che l'africa abbia fatto la sua generosa parte in tutto questo.

Offline Valejazz

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #7 on: June 08, 2010, 05:35:25 PM »
La cultura europea ha sempre esercitato un certo fascino per cui era normale che ne fossero interessati, Parker  citava  frasi della Carmen negli assoli, Scott Joplin compose Tremonisha, ma sicuramente non ha lasciato nessun segno nella storia al contrario delle forme originali di espressione Afroamericana.

Che la radice del jazz sia nella deportazione degli schiavi e nella loro ricerca di un modo per interpretare la cultura dei padroni, questo è sicuro, ma senza l'apporto di altre minoranze come ebrei e italiani il jazz non avrebbe mai preso la forma che conosciamo..

Il ragtime, ibrido eccezionale di africa ed europa, è stato uno dei momenti più rivoluzionari nella storia della musica moderna..in pochi anni nessuna canzone poteva aspirare al successo senza un minimo di andamento "sincopato". L'impatto mondiale è stato superiore anche a quello del rock, solo in una fase storica della quale sappiamo di meno.. In pochi anni anche grandi compositori europei componevano brani di ispirazione ragtime e tutto il mondo ballava su ibridi ragtime (o tango..).

Treemonisha non fa testo, è il tragico epilogo della vita di Joplin, che non potè mai eseguirla in forma completa, ma la sua opera pianistica è un pezzo essenziale nella storia delle musiche afroamericane.

Offline eugeniovi

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #8 on: June 09, 2010, 11:21:52 AM »



Che la radice del jazz sia nella deportazione degli schiavi e nella loro ricerca di un modo per interpretare la cultura dei padroni, questo è sicuro, ma senza l'apporto di altre minoranze come ebrei e italiani il jazz non avrebbe mai preso la forma che conosciamo..

Facciamo un esperimento: immaginiamo di cancellare per gioco gli ebrei e gli italiani dal Jazz ( dalle origini agli anni 70), poi il discorso prende un'altra piega)e immaginiamo di cancellare che ne so,  Ben Webster, Illinois Jacquet, Joe Newman, Dexter Gordon, Cootie williams senza scomodare i soliti miti, pensate che ci sarebbe differenza? Riflettete, ciao, eugeniovi

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #9 on: June 09, 2010, 12:59:56 PM »
Facciamo un esperimento: immaginiamo di cancellare per gioco gli ebrei e gli italiani dal Jazz ( dalle origini agli anni 70), poi il discorso prende un'altra piega)e immaginiamo di cancellare che ne so,  Ben Webster, Illinois Jacquet, Joe Newman, Dexter Gordon, Cootie williams senza scomodare i soliti miti, pensate che ci sarebbe differenza? Riflettete, ciao, eugeniovi

Ripeto...sono d'accordo sulla centralità afroamericana...ma senza ebrei e italiani (irlandesi, francesi ecc.) il jazz non sarebbe nato, in fondo i musicisti che citi eseguivano quasi sempre canzoni scritte da ebrei, Armstrong ascoltava opera lirica a manetta e citava frasi della soprano Tetrazzini già negli anni Venti. La struttura del ragtime viene dai valzer e dalle marce militari...ed è la struttura del jazz fino all'affermazione della forma chorus.

Insomma il jazz è musica meticcia, senza le altre culture gli africani avrebbero continuato a fare musica africana..

Offline eugeniovi

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #10 on: June 09, 2010, 01:57:58 PM »
D'accordissimo, se da deportati non gli raccontavano che la loro unica speranza di vivere dignitosamente era  nell'aldilà non esisterebbero gli spirituals e se poi non avessero vissuto sulla loro pelle il razzismo non esisterebbe il blues. Per fortuna avevano voglia di divertirsi così da regalarci il Jazz. E' sempre un piacere scambiare delle opinioni con gente appassionata e  preparata. Ciao, eugeniovi

Offline Norman

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #11 on: June 09, 2010, 02:45:07 PM »
Ripeto...sono d'accordo sulla centralità afroamericana...ma senza ebrei e italiani (irlandesi, francesi ecc.) il jazz non sarebbe nato, in fondo i musicisti che citi eseguivano quasi sempre canzoni scritte da ebrei, Armstrong ascoltava opera lirica a manetta e citava frasi della soprano Tetrazzini già negli anni Venti. La struttura del ragtime viene dai valzer e dalle marce militari...ed è la struttura del jazz fino all'affermazione della forma chorus.

Insomma il jazz è musica meticcia, senza le altre culture gli africani avrebbero continuato a fare musica africana..

Continuo ad essere sottilmente (e rispettosamente) in disaccordo. Che il jazz sia una musica meticcia non ci sono dubbi. Ma quello che io sostengo non è che il jazz non presenti elementi formali di derivazione occidentale, perché questo è assolutamente indiscutibile. Quello che sostengo io è che il modo in cui i musicisti afroamericani utilizzano questi elementi è, nella maggior parte dei casi, schiettamente di derivazione africana. E si badi bene che gli schiavi, se avessero potuto, avrebbero volentieri continuato a fare musica africana 'pura', se solo gli schiavisti non glie lo avessero impedito con tutte le loro forze, in un pervicace sforzo di fare tabula rasa di ogni traccia della loro cultura d'origine, sforzo che non ha eguali in nessuna altra parte del nuovo mondo (ed infatti le tracce della cultura africana sono molto più evidenti negli afroamericani dell'America latina). Privati dei loro strumenti e della possibilità di manifestare apertamente le loro tradizioni (cosa che invece non è avvenuta con la stessa intensità nell'America latina), gli schiavi hanno reagito utilizzando le forme occidentali per veicolare il LORO modo di fare musica, un po' come nelle colonie spagnole e portoghesi hanno utilizzato l'iconografia cattolica per veicolare la loro religione animista, dando vita alla Santeria, al Voodoo ed altre forme di religione sincretica che esistono nelle ex colonie. E' ovvio che quelle religioni non sarebbero così se non ci fosse stato l'influsso della religione cattolica, ma è evidente che la sostanza di quelle religioni è eminentemente africana. E lo stesso discorso si può fare per tutta la musica afroamericana, fino ad arrivare al rap, che è forse il punto più estremo (per quanto ormai preda della solita, spiacevole, banalizzazione commerciale) di questa riaffermazione dell'anima africana, un brusco ritorno alla centralità del ritmo, della vocalità e dell'improvvisazione, con riduzione ai minimi termini della melodia e dell'armonia, e non è un caso che si tratti di una musica che è stata estremamente difficile da digerire per il pubblico bianco, ed in buona parte lo è tutt'ora (se non in versione notevolmente edulcorata). Quindi sicuramente le forme risentono del confronto tra due (o più) mondi, ma la sostanza, a distanza di oltre un secolo, è ancora schiettamente e sfrontatamente africana, e questo vale per il blues, il gospel, il jazz, il r'n'b, il funk, il rap e tutte le espressioni cardine della musica nera degli Stati Uniti.
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Offline lucap

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #12 on: June 09, 2010, 04:37:24 PM »
Il tema è interessantissimo, anche se io ne so poco. Mi chiedo per esempio fino a che punto tenga il paragone con il rap. Il rischio è quello di trascurare le particolarità storiche e tendere a tesi semplificatrici come quella per cui diversi popoli o razze "sentono" la musica in modo intrinsecamente diverso, oppure a supporre che tra gruppi sfruttati e sfruttatori ci sia una sorta di chiusura ermetica, anche se solo a un livello molto profondo e radicale, che in questo caso si traduce negli ammonimenti dei neri ai biachi che questi ultimi non possono comprendere il jazz fino in fondo.
Che queste discussioni abbiano un risvolto ideologico si nota anche da un altro particolare della tesi di Baraka come riportata da Norman. Tutti partiamo dal presupposto che Gerry Mulligan faceva jazz, è un semplice fatto storico (a parte che i fatti storici ovviamente non sono semplici  ;D ). Ora, se diciamo che nessun bianco ha fatto jazz come i neri la conseguenza, se vogliamo essere coerenti, dovrebbe essere che ci sono diverse sfumature nel jazz e non che Gerry Mulligan non faceva veramente jazz. Come se ne esce? Con le tesi "originaliste" (tipo: il vero jazz è quello fatto da Buddy Bolden in quel dato giorno nella strada xy di New Orleans) se ne esce benissimo, ma chiaramente è una mossa puramente ideologica.
Secondo me, sempre dal basso della mia ignoranza, le rivendicazioni culturali e via dicendo sono parte della storia da raccontare e non la spiegazione della stessa. Possono servire a spiegare sfumature e idiosincrasie, ma non a tracciare nette linee di confine.
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Offline DarioT

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #13 on: June 09, 2010, 04:38:47 PM »
Il tema è interessantissimo, anche se io ne so poco.....

datti solo un paio di mesi, e poi torna a parlarci della schiavitu'....  ;D
it's time to play some "D"

Offline lucap

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #14 on: June 09, 2010, 04:40:53 PM »
datti solo un paio di mesi, e poi torna a parlarci della schiavitu'....  ;D

Dopodomani  ::)
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