Comunque nessuno ha mai sostenuto che solo i neri possono suonare jazz. Io dico solo che è più difficile per un bianco o a maggior ragione un europeo cogliere il senso più profondo ed il mood di questa musica. Difficile, ma non impossibile.
E comunque non voglio sminuire chi ha preso in mano le forme del jazz e le ha plasmate alla sua maniera: non sono un integralista del jazz (anzi, non sono integralista di niente...), la musica è di tutti, ed ognuno per me può farne quello che vuole, artisticamente parlando. Sono talmente tanti i modi di fare buona musica...
Ma il mio discorso è più che altro rivolto a chi si avvicina al jazz e cerca di imparare a suonarlo: la mia opinione è che ci sia troppa, troppa attenzione a fare le note 'giuste' ed a lavorare di intelletto su scale ed accordi e compagnia bella, mentre invece bisognerebbe prestare molta, molta più attenzione a cogliere lo spirito di quella musica, quello spirito grazie al quale a volta basta suonare tre note messe in croce per far sobbalzare dalla sedia gli ascoltatori... Il che poi è vero per qualsiasi musica, ma lo è particolarmente se la musica che si cerca di fare viene da molto lontano. L'anno scorso, il primo anno che andavo a lezione con Giuffredi (e dopo ben 10 anni di lezioni con un jazzista e non avendo MAI suonato classica), dopo aver suonato il tema di una ballad mi sento dire che lo suonavo in maniera lirica, all'italiana! E quando invece suonavo melodie italiane mi venivano spontaneamente bene! Per forza, mi dice il Giuffro: tu sei italiano! Ci sei nato e cresciuto in mezzo a questa musica, anche se non te ne rendi conto! Tutta la musica leggera a cui sei abituato, tutti i cantautori, tutti i grandi interpreti, tutti hanno un enorme debito verso la tradizione melodica operistica, e tutti noi siamo esposti fin da piccoli a tutto questo ogni volta che c'è una radio accesa nei paraggi! In quel mood noi ci siamo immersi fin dalla nascita, così come un nero americano è quasi sempre immerso fin dalla nascita in un contesto che, in misura variabile, trasuda comunque di blues, di gospel, di r'n'b e, talvolta, di jazz!
E comunque la distorsione che a mio parere è frequente nell'approccio degli studenti al jazz è evidente anche nello studio della teoria: ci sono tonnellate di manuali che parlano delle scale e degli accordi, ma pochissimi che affrontano lo studio di quella che è riconosciuta unanimemente (anche in questa discussione) come una caratteristica peculiare di questo genere, che è il ritmo! Prima di mettersi a studiare il rapporto tra scale ed accordi e prima di mettersi ad improvvisare pattern sarebbe molto più opportuno, a mio parere, passare tanto, ma tanto tempo studiando le varie divisioni ritmiche del jazz! Invece la quasi totalità dei manuali di improvvisazione liquida l'aspetto ritmico in poche paginette, il più delle volte tentando inutilmente di spiegare l'unica cosa veramente inspiegabile, che è lo swing...
Uno che ha padronanza del ritmo jazzistico ti può fare un intero chorus suonando una nota sola improvvisando solo ritmicamente facendoti saltare dalla sedia, mentre uno che non ha la padronanza del ritmo jazz può fare tutte le note giuste del mondo, ma non arriverà mai a quel livello lì...
Inutile dire che questa distorsione a mio parere è figlia proprio di questo grande fraintendimento sull'identità più profonda del jazz, della non comprensione della centralità dell'aspetto ritmico e, soprattutto, dell'approccio africano all'aspetto ritmico.