Author Topic: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza  (Read 23755 times)

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Offline DarioT

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #105 on: July 22, 2010, 01:35:14 PM »
...Penso sia pacifico che il jazz nasce come musica popolare e di intrattenimento....Non penso che sia un caso che dopo il free, ultimo momento di espressione del jazz come musica con una funzione sociale....Insomma, io al jazz da salotto intellettuale non ci credo mica tanto...

Norman, anche qui ho i miei dubbi: manda una bella orchestrina free ad una sagra di paese, e vedrai che successone...  :D

Lo dico in modo serio: fai ascoltare Don Cherry a 100 "insospettabili", e poi raccontami i commenti.
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Offline eugeniovi

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #106 on: July 22, 2010, 01:50:57 PM »
Bravo Norman, interessante teoria che merita riflessione. Mi viene da dire subito che anche la musica occidentale era nata per intrattenere (magari solo alle corti imperiali europee), alle rappresentazioni una volta non si andava in religioso silenzio ma si chiaccherava, si mangiava, il pubblico partecipava, etc..la sua funzione era 'socialmente' diversa da quella di adesso di mero ascolto in teatri. Ciao, eugeniovi

Offline Franceschet

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #107 on: July 22, 2010, 02:04:13 PM »
Secondo me porta sfiga, nel dubbio una grattatina me la do felicissim
falla pure per me!
Quando dissi ad un mio amico di visitare il suo sito gli si impallò il pc per un mese!
http://www.diamandagalas.com/bio.htm

Non c'è mood ne swing, c'è solo Diamanda.  Mi piace, ma non perchè sia jazz, anzi forse non è jazz tradizionale, è una sperimentazione, una di quelle che ha distrutto il jazz? non lo so. Il jazz è popolare, l'idea politica che sta alla base delle opere di diamanda galas è popolare. Dal living alle altre collaborazioni.
Il fatto è che il jazz, non è più afroamericano, le origini si. Che differenza c'è tra l'acid jazz e il triphop? Il grove è jazz? Boh, temo che purtroppo a prescindere dai miei gusti, caro Norman, il jazz sia anche questo. Un po' come il discorso di Sepe sulla musica popolare che non scende giù ai più ma è vera:
http://www.youtube.com/watch?v=doJGFIyb1jw
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Offline Jim Barda

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #108 on: July 22, 2010, 02:10:05 PM »
Il jazz meno lo si 'pensa' e meglio è.

Norman for president.  pollices

Offline Jim Barda

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #109 on: July 22, 2010, 02:13:59 PM »
Norman, anche qui ho i miei dubbi: manda una bella orchestrina free ad una sagra di paese, e vedrai che successone...  :D


Ma quella è sperimentazione, proprio li è venuto a mancare quella "base" di cui parla Norman... Scommetto che però mandi alla suddetta sagra un orchestra che fa jazz in stile New Orleans, con molta voglia di divertirsi, forse i commenti non saranno così negativi, anzi...

Offline Norman

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #110 on: July 22, 2010, 02:25:34 PM »
Norman, anche qui ho i miei dubbi: manda una bella orchestrina free ad una sagra di paese, e vedrai che successone...  :D

Lo dico in modo serio: fai ascoltare Don Cherry a 100 "insospettabili", e poi raccontami i commenti.

Attenzione, io non dico che si debba inseguire il pubblico, ma che in quanto musica improvvisata e, fondamentalmente, con una spiccata propensione alla funzione sociale, a mio parere raggiunge il suo apice quando si riesce a creare un'interazione con il pubblico che non è solo univoca (io comunico al pubblico ed il pubblico recepisce). A mio parere il massimo della libidine del jazz (e di qualsiasi musica improvvisata) è quando tu riesci a generare delle reazioni nel pubblico, e quelle reazioni a loro volta ti ispirano. A quel punto non solo il pubblico ha la sensazione che tu gli stai creando qualcosa di nuovo lì per lì, appositamente per chi è lì ad ascoltare, ma ha addirittura la sensazione di essere protagonista. Diventa veramente uno scambio. E penso che sia questo che rende impossibile trasportare in un disco la meraviglia di un grande concerto di jazz... Se ci pensi questa prospettiva diversa si è trasmessa anche nel rock, in cui spesso e volentieri il pubblico partecipa al concerto, balla, canta ed interagisce con gli artisti. Anche qui, non dico che è meglio o peggio, ma è proprio un modo diverso di intendere la musica (in questo caso non certo esclusivo della musica afroamericana, perché è un po' il senso di tutto il folklore mondiale). Io penso che nel momento in cui il jazz è stato trasformato in una musica da concerto ha un po' perso questo aspetto.

Quanto al free, quello che dici è verissimo, ma conferma la mia tesi, che ogni musica ha il suo contesto ed il suo pubblico. E purtroppo capita spesso che ci sia chi tenta di proporre ad un pubblico non preparato e non predisposto concerti d'avanguardia o di free jazz, e per anni è successo spesso proprio qui da noi, dove il jazz d'avanguardia è stato considerato l'unico degno della considerazione degli intellettuali, mentre per tanto tempo il jazz più tradizionale e d'intrattenimento è stato considerato deteriore. Persino Dizzy Gillespie è stato molto sottovalutato da noi, reo di tenere invece in grande considerazione un aspetto che troppi jazzisti 'de noantri' hanno troppo spesso snobbato: il divertimento... Il free jazz è nato in un contesto ben preciso, da un terreno culturale ben preciso e con una funzione di rivendicazione sociale e politica molto chiara, era una musica nata come espressione di una collettività. Se vado alla sagra del carciofo e mi metto a fare free jazz faccio contemporaneamente un torto a me, alla musica che suono ed al pubblico che mi ascolta. E se mi tirano i pomodori fanno benissimo, perché me li merito. Va bene che l'artista deve essere libero, ma deve essere anche rispettoso del pubblico che ha davanti. Altrimenti è come un poeta che va a leggere poesie in una lingua che il pubblico non conosce...

Ecco, per me Dizzy Gillespie è il perfetto esempio di come si possano conciliare grande musica e divertimento. Lui introdusse una delle più sconvolgenti rivoluzioni musicali della storia dell'uomo, ed ebbe pure lui le sue difficoltà, ma se ebbe successo fu anche perché non dimenticò che quella musica che lui stava rivoluzionando era comunque una musica fatta per ballare e divertirsi, e non un esercizio intellettuale per pochi... Ebbe l'ambizione di pensare che si potesse fare musica veramente d'avanguardia che potesse anche piacere al pubblico, e la storia gli ha dato ragione.

Rispondo anche a Franceschet: onestamente non so, conosco molto poco questa musicista, e quindi non me la sento di esprimere un giudizio. Se ti devo dire la verità io vivo un momento in cui lo stesso concetto di genere musicale mi sembra una gabbia. Per me esiste solo musica bella o brutta. Però sto facendo questo discorso perché io penso che il jazz sia stato 'ucciso' dall'errata concezione che 'nel jazz puoi fare il cazzo che ti pare'. Il più delle volte il risultato è di una sterilità disarmante... E non è affatto un caso che il jazz sia considerato dalla maggioranza delle persone una musica difficile e solo per iniziati, è così perché, in particolare qui da noi, è quasi sempre stata presentata così. Io amo questa musica per la sua sincerità, per la forza e la vitalità che si porta dietro, e queste caratteristiche il più delle volte si perdono o per alla ricerca di inutile virtuosismo (perché per molti evidentemente fare jazz significa fare robe per forza difficili), oppure per un eccessivo intellettualismo (perché per molti fare jazz significa fare non solo cose difficili, ma anche cose per forza di rottura).
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Offline DarioT

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #111 on: July 22, 2010, 02:28:00 PM »
Ma quella è sperimentazione, proprio li è venuto a mancare quella "base" di cui parla Norman... Scommetto che però mandi alla suddetta sagra un orchestra che fa jazz in stile New Orleans, con molta voglia di divertirsi, forse i commenti non saranno così negativi, anzi...

no, scusa: Norman definisce il jazz come musica popolare, dice che il free e' jazz, (quindi: popolare), con una funzione sociale.

Se invece l'equazione non e' vera allora significa che, evolvendosi, il jazz non puo' piu' essere considerato una musica popolare.

E magari, quindi, che non e' vero che il jazz per essere definito tale deve avere un'anima africana ed un certo tipo di ritmo.

Oppure diciamo che il jazz si ferma agli anni '30: quello che e' venuto dopo e' un'altra cosa.
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Offline Franceschet

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Offline DarioT

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #113 on: July 22, 2010, 03:05:43 PM »
....Oppure diciamo che il jazz si ferma agli anni '30: quello che e' venuto dopo e' un'altra cosa.
http://www.youtube.com/watch?v=1ndKwUY7N4c&feature=related

ok: ci si ferma agli '30 !   ;D
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Offline DarioT

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #114 on: July 22, 2010, 03:14:03 PM »
con tutte le "attenzioni" dovute ad un mezzo di informazione come wikipedia..... vuala': la storia del gess: http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_del_jazz
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Offline Franceschet

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Offline Jim Barda

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #116 on: July 23, 2010, 03:47:51 PM »

Oppure diciamo che il jazz si ferma agli anni '30: quello che e' venuto dopo e' un'altra cosa.

AHHAHAHAHAHHAhahah, so che hai capito benissimo. E che sappiamo entrambi che non è assolutamente vero. Il jazz è tante cose. Ma qui si parla di spirito, della sua pulsione in origine. E sono pienamente daccordo con Norman che sul jazz oggi si fanno troppi voli pindarici ed elucubrazioni. Non vado oltre il tempo non me lo permette. Spero di ritornarci sopra poi. Ciao Dario  pollices

Offline nic

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #117 on: July 25, 2010, 11:44:23 AM »
L'approfondimento dei diversi percorsi di Lester Bowie lega con tutte le vostre richieste di adesione al jazz:
- rito collettivo
- gioia
- riflessione
- tradizione
- avanguardia e ricerca

Il jazz non è morto, per fortuna! Lester Bowie, sì. Ma se quella di Lester Bowie è una tromba che ha saputo riflettere e (ri)creare musica che mette tutti d'accordo, non è possibile che ci siano altri musicisti simili o che verranno?

Attenzione a parlare di gusti: intellettuali vs. pubblico impreparato. Ormai anche la cultura è un prodotto di massa. Certo, non in tutti gli appartamenti; ma fenomeni come la riproducibilità (registrazione) e la diffusione della divulgazione grazie ai media (Internet, ad esempio) allargano la base di quelli che solo per pigrizia sono definiti intellettuali.

Forse, prima ancora di parlare di jazz, bisognerebbe indagare cosa s'intende oggi per intellettuale. Facile è definire il contrario.
Personalmente non m'interessa avere gli stessi gusti musicali di chi, per esempio, segue i gossip su F. Corona e fa scattare la radio su non-importa-cosa non appena sale sull'auto.
Sono un intellettuale asfittico? non penso, magari sono solo asfittico.
Attenzione anche a denotare il termine "intellettuale" secondo il dizionario di Brunetta (il "culturame", ricordate?). Nel corso della discussione si lascia filtrare che la ricerca e la riflessione sulla musica siano state la causa della perdita di naturalezza dell'Ur-Jazz, questo mitico jazz delle Origini. Siamo sicuri? Non sono più probabili cause di natura socio-economica?

Penso che ancora in giro, specie da noi in Italia, sia troppo preponderante la nozione pasoliniana (Scritti corsari), per cui la modernità ha comportato l'allontanamento dall'autenticità. Come dire che siamo in decadenza a partire dai Presocratici e possiamo solo rassegnarci.
Secondo me non è vero: W Lester Bowie!
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Offline Valejazz

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #118 on: July 26, 2010, 11:58:17 AM »
L'approfondimento dei diversi percorsi di Lester Bowie lega con tutte le vostre richieste di adesione al jazz:
- rito collettivo
- gioia
- riflessione
- tradizione
- avanguardia e ricerca

Mi piace molto Bowie...lo vidi dal vivo con l'Art Ensemble tanti anni fa..

Però condivido l'opinione di John McNeill nel suo libro The Art of Jazz Trumpet:
in termini di linguaggio e fraseggio Bowie (al contrario ad esempio di Don Cherry) non possiede i tratti fondamentali del jazz, ma è molto più vicino al soul e r&b.

Questo non per sminuirlo, solo per approfondire.

In Cherry la conduzione della frase ha chiare radici bebop e il piazzamento degli accenti è tipicamente swing. In Bowie questo non si ritrova, invece abbiamo una ricerca timbrica e uno snodarsi della frase molto più vicino alle sezioni fiati r&b. La concezione del solo è molto vocale, in termini soul.

In fondo l'Art Ensemble lavorava sul concetto di great black music ancient to the future e Bowie era il tassello più vicino ai cantanti del ghetto anni '50 e '60.

Offline nic

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Re: Jazz, Africa, Occidente, forma e sostanza
« Reply #119 on: July 26, 2010, 12:11:30 PM »
Mi piace molto Bowie...lo vidi dal vivo con l'Art Ensemble tanti anni fa..

Però condivido l'opinione di John McNeill nel suo libro The Art of Jazz Trumpet:
in termini di linguaggio e fraseggio Bowie (al contrario ad esempio di Don Cherry) non possiede i tratti fondamentali del jazz, ma è molto più vicino al soul e r&b.

Questo non per sminuirlo, solo per approfondire.

In Cherry la conduzione della frase ha chiare radici bebop e il piazzamento degli accenti è tipicamente swing. In Bowie questo non si ritrova, invece abbiamo una ricerca timbrica e uno snodarsi della frase molto più vicino alle sezioni fiati r&b. La concezione del solo è molto vocale, in termini soul.

In fondo l'Art Ensemble lavorava sul concetto di great black music ancient to the future e Bowie era il tassello più vicino ai cantanti del ghetto anni '50 e '60.

grazie grazie. Intervento azzeccatissimo.
Com'è che sai queste cose? mi prendi a lezione? e non sto scherzando!
Oppure dammi qualche dritta per approfondire. Mi va bene anche di trovarsi per ascolti meditati.
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