Norman, anche qui ho i miei dubbi: manda una bella orchestrina free ad una sagra di paese, e vedrai che successone...
Lo dico in modo serio: fai ascoltare Don Cherry a 100 "insospettabili", e poi raccontami i commenti.
Attenzione, io non dico che si debba inseguire il pubblico, ma che in quanto musica improvvisata e, fondamentalmente, con una spiccata propensione alla funzione sociale, a mio parere raggiunge il suo apice quando si riesce a creare un'interazione con il pubblico che non è solo univoca (io comunico al pubblico ed il pubblico recepisce). A mio parere il massimo della libidine del jazz (e di qualsiasi musica improvvisata) è quando tu riesci a generare delle reazioni nel pubblico, e quelle reazioni a loro volta ti ispirano. A quel punto non solo il pubblico ha la sensazione che tu gli stai creando qualcosa di nuovo lì per lì, appositamente per chi è lì ad ascoltare, ma ha addirittura la sensazione di essere protagonista. Diventa veramente uno scambio. E penso che sia questo che rende impossibile trasportare in un disco la meraviglia di un grande concerto di jazz... Se ci pensi questa prospettiva diversa si è trasmessa anche nel rock, in cui spesso e volentieri il pubblico partecipa al concerto, balla, canta ed interagisce con gli artisti. Anche qui, non dico che è meglio o peggio, ma è proprio un modo diverso di intendere la musica (in questo caso non certo esclusivo della musica afroamericana, perché è un po' il senso di tutto il folklore mondiale). Io penso che nel momento in cui il jazz è stato trasformato in una musica da concerto ha un po' perso questo aspetto.
Quanto al free, quello che dici è verissimo, ma conferma la mia tesi, che ogni musica ha il suo contesto ed il suo pubblico. E purtroppo capita spesso che ci sia chi tenta di proporre ad un pubblico non preparato e non predisposto concerti d'avanguardia o di free jazz, e per anni è successo spesso proprio qui da noi, dove il jazz d'avanguardia è stato considerato l'unico degno della considerazione degli intellettuali, mentre per tanto tempo il jazz più tradizionale e d'intrattenimento è stato considerato deteriore. Persino Dizzy Gillespie è stato molto sottovalutato da noi, reo di tenere invece in grande considerazione un aspetto che troppi jazzisti 'de noantri' hanno troppo spesso snobbato: il divertimento... Il free jazz è nato in un contesto ben preciso, da un terreno culturale ben preciso e con una funzione di rivendicazione sociale e politica molto chiara, era una musica nata come espressione di una collettività. Se vado alla sagra del carciofo e mi metto a fare free jazz faccio contemporaneamente un torto a me, alla musica che suono ed al pubblico che mi ascolta. E se mi tirano i pomodori fanno benissimo, perché me li merito. Va bene che l'artista deve essere libero, ma deve essere anche rispettoso del pubblico che ha davanti. Altrimenti è come un poeta che va a leggere poesie in una lingua che il pubblico non conosce...
Ecco, per me Dizzy Gillespie è il perfetto esempio di come si possano conciliare grande musica e divertimento. Lui introdusse una delle più sconvolgenti rivoluzioni musicali della storia dell'uomo, ed ebbe pure lui le sue difficoltà, ma se ebbe successo fu anche perché non dimenticò che quella musica che lui stava rivoluzionando era comunque una musica fatta per ballare e divertirsi, e non un esercizio intellettuale per pochi... Ebbe l'ambizione di pensare che si potesse fare musica veramente d'avanguardia che potesse anche piacere al pubblico, e la storia gli ha dato ragione.
Rispondo anche a Franceschet: onestamente non so, conosco molto poco questa musicista, e quindi non me la sento di esprimere un giudizio. Se ti devo dire la verità io vivo un momento in cui lo stesso concetto di genere musicale mi sembra una gabbia. Per me esiste solo musica bella o brutta. Però sto facendo questo discorso perché io penso che il jazz sia stato 'ucciso' dall'errata concezione che 'nel jazz puoi fare il cazzo che ti pare'. Il più delle volte il risultato è di una sterilità disarmante... E non è affatto un caso che il jazz sia considerato dalla maggioranza delle persone una musica difficile e solo per iniziati, è così perché, in particolare qui da noi, è quasi sempre stata presentata così. Io amo questa musica per la sua sincerità, per la forza e la vitalità che si porta dietro, e queste caratteristiche il più delle volte si perdono o per alla ricerca di inutile virtuosismo (perché per molti evidentemente fare jazz significa fare robe per forza difficili), oppure per un eccessivo intellettualismo (perché per molti fare jazz significa fare non solo cose difficili, ma anche cose per forza di rottura).