Io credo che Valejazz abbia ragione sul rifacimento di un solo. Non bisogna essere troppo rigorosi con le definizioni quando si ha a che fare con un concetto generale che si riferisce a una esperienza vastissima e per di più in divenire storico. Semplicemente ci saranno casi più centrali, casi periferici e anche parassitari. Un solo può essere rifatto per ragioni di addestramento, esemplificazione, per tributo, o infine come scorciatoia per arrogarsi meriti non propri. Credo che tutto ciò abbia esempi nella storia del jazz - e i più esperti mi potranno confermare. Nel primo caso chiedersi se ciò è jazz è come chiedersi in che punto esatto del nostro percorso stiamo incominciando a salire su una montagna (una domanda che non ha risposta certa). Negli ultimi due casi si ha un atteggiamento parassitario(lodevole nel caso del tributo, meno nell'altro), che non è molto importante decidere se chiamare jazz o no, ammenoché a un certo punto tutti si mettessero a rifare soli altrui senza più inventare. A qul punto, ma solo lì, avrebbe senso chiedersi se stiamo ancora facendo jazz oppure no e probabilmente la risposta sarebbe negativa. Lo stesso vale a livello individuale: se uno non fa che ripetere soli di altri probabilmente non è un musicista jazz, ma se uno a volte improvvisa a volte riprende e cita, non ha senso separare chirurgicamente la parte jazz da quella non jazz.
Con questo non voglio dire che non si debbano cercare i tratti distintivi del jazz, ma solo che una lista di caratteristiche necessarie e sufficienti è necessariamente artificiale. Piuttosto si tratta isolare caratteristiche eminenti o paradigmatiche. Per inciso, gran parte di quanto avete scritto in questa discussione mi sembra perfettamente in linea con questo metodo.