Beh, entriamo nella solita diatriba tra "essenziale" e "complicato". Io penso che sia questione di linguaggi, ci sono linguaggi comprensibili ad un maggior numero di persone, altri invece rivolti ad un pubblico più ristretto. Ma in mezzo c'è un mare di vie di mezzo, e ci sono i gusti personali. A me per esempio Freddie Hubbard emoziona sia quando suona una ballad super melodica, sia quando suona brani super veloci e roboanti come Aries...
Nel jazz secondo me più che altro c'è un altro problema, legato all'improvvisazione. Improvvisare significa comporre al momento, e credo sia una cosa difficilissima. Nello stesso istante devi creare qualcosa che abbia un senso per te, suonarla come te la sei immaginata e sperare che il pubblico la recepisca. E' una sfida arditissima. Di conseguenza non è sempre facile avvicinarsi al jazz, perché oltre ad essere un linguaggio non immediatissimo ha anche l'incognita dell'improvvisazione, che non è detto che sia sempre riuscita, a prescindere dalla qualità di chi suona. Se chi suona è bravo ed è in una serata di quelle buone, secondo me, fatti salvi i gusti personali, riesce ad emozionare con qualsiasi cosa.
Su quello che dice Locutus sono d'accordo solo in parte: è vero che la musica funziona quando dentro di te senti risuonare qualcosa a livello emotivo, ma questo qualcosa risuona perché sente una corrispondenza emotiva in quello che arriva con la musica. La magia della musica, secondo me, è proprio che in una forma del tutto immateriale riesce a contenere un contenuto sostanziale. E' una forma estremamente intima di comunicazione.